Page 333 - Nietzsche - L'apolide dell'esistenza
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donne, cosa che aveva già fatto con Bettmann nel viag-
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                   gio da Torino a Basilea.                                               dal  giorno  in  cui  lo  aveva  lasciato  alla  Friedmatt  nelle
                      Il  13  gennaio  venne  a  trovarlo  la  madre,  da  Naum-          verso il treno: «Quel terribile, indimenticabile, momen-
                   burg. Lui ne fu felicissimo, la abbracciò con calore ed                to in cui vidi Nietzsche, verso le nove di sera, stretto in
                   esclamò: «Ah, mia cara e buona mamma, sono così con-                   mezzo ai due accompagnatori, nella violenta luce della
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                   tento di vederti» . Parlarono a lungo di cose di fami-                 sala d’ingresso della Stazione centrale di Basilea, passa-
                   glia,  di  Elisabeth,  di  Förster,  dei  parenti.  Improvvisa-        re, con andatura frettolosa ma cascante, con portamento
                   mente, puntando sulla madre uno sguardo cupo, gridò:                   innaturalmente  rigido,  il  volto  simile  a  una  maschera,
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                   «Tu vedi in me il tiranno di Torino!» , si eccitò moltis-              muto,  dalla  carrozza  allo  scompartimento  ferroviario
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                   simo e si dovette portarlo via di forza. Dopo che lo ebbe              che lo aspettava» . Alla fine Overbeck si decise a salire
                   tenuto  in  osservazione  otto  giorni  la  diagnosi  di  Wille        sul  treno  per  un  ultimo  saluto.  Sulle  prime  Nietzsche
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                   fu: paralisi progressiva . Speranze di guarigione pratica-             non  lo  riconobbe,  anche  perché  la  luce,  troppo  forte,
                   mente nessuna.                                                         feriva i suoi occhi. Quando dalla voce si accorse che era
                      Nietzsche rimase a Basilea poco più di una settimana                l’amico, si alzò, lo abbracciò impetuosamente e gli disse:
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                   perché la madre voleva che fosse trasferito in una città               «Sei la persona che ho amato di più in vita mia» .
                   più  vicina  a  Naumburg  e  aveva  convinto  Overbeck  a                All’inizio  il  viaggio  filò  liscio.  Nietzsche  apprezzò
                   farsi intermediario presso il professor Otto Binswanger,               particolarmente le ciliege, la torta di ricotta e soprattut-
                   che  era  uno  specialista  della  “paralisi  progressiva”  e          to i panini al prosciutto, che gli erano sempre piaciuti
                   dirigeva  a  Jena  un  manicomio  che  aveva  abolito  celle,          moltissimo e che facevano parte dei suoi pranzi serali e
                   sbarre, camicie di forza ed era considerato all’avanguar-              solitari a Sils e a Torino, che la madre gli aveva portato.
                   dia nel trattamento delle malattie mentali.                            «È  tanto»  disse,  tutto  ilare,  «che  non  mangio  dei  così
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                      Nietzsche  partì  per  Jena  la  sera  del  14  gennaio  del        bei panini al prosciutto» . Ma a metà viaggio ebbe un
                   1889, accompagnato dalla madre, da un giovane e robu-                  accesso  di  furore  contro  la  madre,  brevissimo,  durato
                   sto infermiere della Friedmatt, Jacob Brand, che aveva                 solo un minuto, ma terribile. Lei lo aveva accompagnato
                   già  avuto  a  che  fare  con  lui,  e  da  un  medico,  Ernst         al gabinetto e il figlio cominciò a urlare, a insultarla, a
                   Mähly,  che  era  stato  suo  allievo  al  Pädagogium  ed  era         dirle cose tremende e quasi le mise le mani addosso. La
                   figlio  di  quel  vecchio  Mähly  che,  vent’anni  prima,  più         povera  donna  dovette  cambiare  scompartimento,  per
                   aveva avversato il suo arrivo all’Università di Basilea. E,            evitare altri incidenti, e restarci fino a destinazione, an-
                   a quanto pare, fu proprio il giovane Mähly, che conosce-               che se alla stazione di Francoforte, approfittando di una
                   va Nietzsche solo superficialmente e, come medico, non                 pausa, riuscì a far pace col figlio prendendogli la testa
                   lo aveva mai visitato, a fornire quell’indicazione di “si-             fra  le  mani  e  baciandolo  in  fronte.  Franziska  attribuì
                   filide”, quasi certamente errata, che compare nelle pri-               quelle intemperanze alla durezza e alla scomodità delle
                   missime annotazioni della cartella clinica di Jena e che               panche,  perché  viaggiavano  in  terza  classe.  Fervente
                   doveva  dare  la  stura  a  infinite  polemiche,  che  si  sono        credente sperava comunque in Dio e pensava che il fi-
                   trascinate fino ai nostri giorni.                                      glio fosse solo un po’ esaurito per il troppo lavoro. «Ha
                      Overbeck  andò  alla  stazione,  ma  sulle  prime  non              corso  troppo  per  tutta  la  vita  il  mio  caro,  caro  ragaz-
                                                                                               32
                   ebbe il coraggio di avvicinare Nietzsche che non vedeva                zo!»   scrisse  a  Overbeck  qualche  giorno  dopo  quel



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