Page 297 - Nietzsche - L'apolide dell'esistenza
P. 297

lo oppure mal interpretandolo come «il filosofo dell’ari-
                   solo sul piano simbolico, che Munch, l’autore dell’Urlo,
 stocrazia  degli  junker»  o  come  un  emulo  di  Edmund  ni e le angosce dell’uomo d’oggi. Ed è significativo, non
 von Hagen. Comunque non erano più mezzi pazzi, don-  che  esprime  in  modo  drammatico  la  disperazione  esi-
 nette  isteriche,  equivoci  fan  mezzo  pederasti  a  interes-  stenziale della modernità, sia anche l’autore di uno dei
 sarsi alla sua opera, ma la crème dell’intellighentia euro-  più penetranti ritratti di Nietzsche.
 pea.  E  se  in  Germania  prevalevano  le  critiche  poco  Nietzsche  era  quindi  in  anticipo,  ma  non  così  tanto
 importava perché ciò che più mortificava Nietzsche era  come pensava. Il suo pensiero, almeno per alcuni aspetti
 il  silenzio  e  non  essere  preso  sul  serio.  Era  l’inizio  di  (altri sarebbero diventati fecondi più tardi, altri ancora
 quello che noi oggi chiamiamo successo e allora si dice-  stanno venendo a maturazione proprio adesso), era vici-
 va fama, che di lì a poco sarebbe dilagata in Europa e  no  alla  sensibilità  delle  nuove  generazioni  che  stavano
 nel mondo. Ma lui non fece in tempo nemmeno ad as-  per fare il loro ingresso nel Novecento. Proprio Munch,
 saporarla.  Nietzsche  sapeva  bene  di  essere  in  anticipo  nato  nel  1866,  lo  seguiva  solo  di  vent’anni.  La  fama
 sui tempi e quando era in vena di catastrofismi, oltre che  perciò stava per arrivare sull’onda degli uomini nuovi o
 di  superomismi,  diceva  che  sarebbe  stato  capito  solo  anche di quei suoi contemporanei, pochi ma geniali, che
 dopo  mille  anni,  quando  era  un  poco  più  ottimista,  e  gli  erano  affini,  ed  era  quindi  lì  davanti  a  lui,  quasi  a
 modesto  verso  se  stesso,  fissava  invece  il  limite  a  cin-  portata di mano. Gli sarebbe bastato resistere un paio
 quant’anni. «Conosco abbastanza gli uomini» scrive alla  d’anni, forse meno, per cogliere quella che chiamava «la
                                     25
 madre, «per sapere come fra 50 anni il giudizio su di me  mia  grande  messe»   che  aveva  aspettato  tutta  la  vita.
 sarà  cambiato,  e  allora  in  quale  gloria  di  ammirazione  Ma  non  fece  a  tempo.  E  forse  fu  proprio  quel  primo,
 brillerà  il  nome  di  tuo  figlio  per  le stesse  cose  che  ora  iniziale  consenso,  niente  rispetto  a  quello  che  sarebbe
 22
 fanno sì che io sia stato maltrattato e svillaneggiato» .  venuto poi, a dargli definitivamente alla testa.
 E all’editore Fritzsch: «I miei scritti rappresentano uno  A  Torino  Nietzsche  si  sentiva  bene,  ma  era  spaven-
 sviluppo  permanente  che  non  rimarrà  mia  esclusiva  tosamente  solo,  più  solo  di  quanto  lo  fosse  mai  stato
 esperienza e destino: io sono solo il primo, una genera-  nella sua vita pur appartata, ritirata, sacrificata. A Nizza,
 zione che sta sorgendo capirà a partire da se stessa ciò  alla Pension de Genève, e a Sils, in un ristretto ambiente
 23
 che  io  ho  vissuto» .  Non  c’è  nulla  di  megalomane  e  cosmopolita, una compagnia ce l’aveva per forza, volen-
 nemmeno di azzardato in queste affermazioni: è quanto  te  o  nolente  era  costretto  a  frequentare  della  gente.  A
 è avvenuto. Nietzsche prevede con grande lucidità non  Torino,  città  di  trecentomila  abitanti,  notoriamente
 solo  quanto  fecondo  sarà  il  suo  pensiero  ma  anche  la  chiusa,  sarebbe  stato  difficile  fare  conoscenze  anche  a
 ragione, o perlomeno una delle ragioni, di questa fecon-  uno molto più disinvolto di lui. Inoltre era straniero in
 dità, che risiede nella sua stessa esperienza esistenziale.  un Paese di cui non conosceva la lingua, perché in tanti
 Perché  uno  dei  motivi  della  straordinaria  attualità  di  anni di permanenza in Italia non l’aveva mai imparata.
 Nietzsche,  la  sua  assoluta  novità  come  pensatore,  sta  In queste condizioni l’isolamento diventava assoluto. E
 anche nel fatto di aver messo il “vissuto” del filosofo al  se la solitudine gli era necessaria per quella che conside-
 24
 centro della speculazione . È stato Nietzsche ad affer-  rava  ormai  la  sua  “missione”,  era  però  deleteria  per  il
 mare  che  ogni  filosofia  è  un’autobiografia.  Nietzsche  suo equilibrio psichico e per la sua salute. Nietzsche lo
 anticipa, vivendole e non solo pensandole, le inquietudi-  capiva  benissimo:  «La  vita  tutta  interiore,  dolorosa,




 308                                       309





           0040.testo.indd   309                                    30-11-2009   12:15:39
   292   293   294   295   296   297   298   299   300   301   302