Page 296 - Nietzsche - L'apolide dell'esistenza
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lo oppure mal interpretandolo come «il filosofo dell’ari-
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                   stocrazia  degli  junker»  o  come  un  emulo  di  Edmund              ni e le angosce dell’uomo d’oggi. Ed è significativo, non
                   von Hagen. Comunque non erano più mezzi pazzi, don-                    che  esprime  in  modo  drammatico  la  disperazione  esi-
                   nette  isteriche,  equivoci  fan  mezzo  pederasti  a  interes-        stenziale della modernità, sia anche l’autore di uno dei
                   sarsi alla sua opera, ma la crème dell’intellighentia euro-            più penetranti ritratti di Nietzsche.
                   pea.  E  se  in  Germania  prevalevano  le  critiche  poco               Nietzsche  era  quindi  in  anticipo,  ma  non  così  tanto
                   importava perché ciò che più mortificava Nietzsche era                 come pensava. Il suo pensiero, almeno per alcuni aspetti
                   il  silenzio  e  non  essere  preso  sul  serio.  Era  l’inizio  di    (altri sarebbero diventati fecondi più tardi, altri ancora
                   quello che noi oggi chiamiamo successo e allora si dice-               stanno venendo a maturazione proprio adesso), era vici-
                   va fama, che di lì a poco sarebbe dilagata in Europa e                 no  alla  sensibilità  delle  nuove  generazioni  che  stavano
                   nel mondo. Ma lui non fece in tempo nemmeno ad as-                     per fare il loro ingresso nel Novecento. Proprio Munch,
                   saporarla.  Nietzsche  sapeva  bene  di  essere  in  anticipo          nato  nel  1866,  lo  seguiva  solo  di  vent’anni.  La  fama
                   sui tempi e quando era in vena di catastrofismi, oltre che             perciò stava per arrivare sull’onda degli uomini nuovi o
                   di  superomismi,  diceva  che  sarebbe  stato  capito  solo            anche di quei suoi contemporanei, pochi ma geniali, che
                   dopo  mille  anni,  quando  era  un  poco  più  ottimista,  e          gli  erano  affini,  ed  era  quindi  lì  davanti  a  lui,  quasi  a
                   modesto  verso  se  stesso,  fissava  invece  il  limite  a  cin-      portata di mano. Gli sarebbe bastato resistere un paio
                   quant’anni. «Conosco abbastanza gli uomini» scrive alla                d’anni, forse meno, per cogliere quella che chiamava «la
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                   madre, «per sapere come fra 50 anni il giudizio su di me               mia  grande  messe»   che  aveva  aspettato  tutta  la  vita.
                   sarà  cambiato,  e  allora  in  quale  gloria  di  ammirazione         Ma  non  fece  a  tempo.  E  forse  fu  proprio  quel  primo,
                   brillerà  il  nome  di  tuo  figlio  per  le stesse  cose  che  ora    iniziale  consenso,  niente  rispetto  a  quello  che  sarebbe
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                   fanno sì che io sia stato maltrattato e svillaneggiato» .              venuto poi, a dargli definitivamente alla testa.
                   E all’editore Fritzsch: «I miei scritti rappresentano uno                A  Torino  Nietzsche  si  sentiva  bene,  ma  era  spaven-
                   sviluppo  permanente  che  non  rimarrà  mia  esclusiva                tosamente  solo,  più  solo  di  quanto  lo  fosse  mai  stato
                   esperienza e destino: io sono solo il primo, una genera-               nella sua vita pur appartata, ritirata, sacrificata. A Nizza,
                   zione che sta sorgendo capirà a partire da se stessa ciò               alla Pension de Genève, e a Sils, in un ristretto ambiente
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                   che  io  ho  vissuto» .  Non  c’è  nulla  di  megalomane  e            cosmopolita, una compagnia ce l’aveva per forza, volen-
                   nemmeno di azzardato in queste affermazioni: è quanto                  te  o  nolente  era  costretto  a  frequentare  della  gente.  A
                   è avvenuto. Nietzsche prevede con grande lucidità non                  Torino,  città  di  trecentomila  abitanti,  notoriamente
                   solo  quanto  fecondo  sarà  il  suo  pensiero  ma  anche  la          chiusa,  sarebbe  stato  difficile  fare  conoscenze  anche  a
                   ragione, o perlomeno una delle ragioni, di questa fecon-               uno molto più disinvolto di lui. Inoltre era straniero in
                   dità, che risiede nella sua stessa esperienza esistenziale.            un Paese di cui non conosceva la lingua, perché in tanti
                   Perché  uno  dei  motivi  della  straordinaria  attualità  di          anni di permanenza in Italia non l’aveva mai imparata.
                   Nietzsche,  la  sua  assoluta  novità  come  pensatore,  sta           In queste condizioni l’isolamento diventava assoluto. E
                   anche nel fatto di aver messo il “vissuto” del filosofo al             se la solitudine gli era necessaria per quella che conside-
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                   centro della speculazione . È stato Nietzsche ad affer-                rava  ormai  la  sua  “missione”,  era  però  deleteria  per  il
                   mare  che  ogni  filosofia  è  un’autobiografia.  Nietzsche            suo equilibrio psichico e per la sua salute. Nietzsche lo
                   anticipa, vivendole e non solo pensandole, le inquietudi-              capiva  benissimo:  «La  vita  tutta  interiore,  dolorosa,




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