Page 270 - Nietzsche - L'apolide dell'esistenza
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Durante  il  periodo  di  Natale  del  1884  è  malato.  A
 so lo aveva con la figlia del padrone di casa, Adrienne,
 dodicenne, e in genere con tutti i bambini: «Il suo carat-  Capodanno scrive alla madre: «Sono ora cinque anni di
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 tere taciturno, il suo viso chiuso si aprivano rapidamen-  seguito  che  questo  giorno  sono  malato!» .  Si  lamenta
 te... Faceva qualche passo in mezzo a loro, gli prendeva  soprattutto  del  peggioramento  degli  occhi  («puntini,
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 le mani, faceva gesti affettuosi. Non arrivava mai a Sils-  offuscamento,  anche  lacrimazione» )  che  attribuisce
 Maria  senza  portare  alla  bambina  del  suo  padrone  di  alle  troppe  letture  fatte  nell’estate.  Però  non  è  che  si
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 casa un giocattolo, un regalo, un ricordo» . Ma accade-  fosse sforzato molto: qualche opera di Arnobio, uno dei
 va anche che i ragazzini più grandi vedendo quello stra-  padri della Chiesa, un libro del gesuita spagnolo Balta-
 no signore vestito dimessamente, che camminava un po’  sar  Gracián,  qualcosa  di  Montaigne.  Si  lagna,  come  al
 curvo,  con  un  ombrello  in  piena  estate,  parlando  da  solito, della solitudine, che in quell’inverno è temperata
 solo, gli dessero la baia e lo prendessero a sassate. Lui  dalla presenza di Paul Lanzky. Ma quando il sedicente
 non  protestava,  subiva,  non  si  arrabbiava  per  questo  letterato gli fa leggere un lungo saggio a lui dedicato che
 attentato alla sua dignità di “Herr Professor”.  ha pubblicato su una rivista ungherese, lo scongiura di
 Le  sue  lettere  sono  piene  di  elogi  a  Sils  e  Nizza,  al  impegnarsi  a  non  scrivere  mai  più  una  riga  sulla  sua
 loro  clima,  all’aria  secca,  alla  luce  giusta.  In  realtà  le  opera, avvertimento che aveva dovuto dare anche a Jo-
 detestava.  Dell’amata  Sils  dirà  negli  ultimi  anni:  «Di  seph  Paneth  che  vi  si  era  attenuto.  In  una  lettera  a
 tutti i miei soggiorni laggiù ho un ricordo terribile. Ero  Overbeck annota: «Preferisco mille volte una vita asso-
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 sempre malato, non avevo il cibo di cui ho bisogno, mi  lutamente oscura alla compagnia di mediocri fanatici» .
 annoiavo mortalmente, privo della vista e senza persone  La pochezza delle persone che è costretto a frequentare
 intorno.  Arrivavo  sempre  a  settembre  in  una  sorta  di  lo  umilia:  «Sono  anche  stufo  dei  signori  compagni  di
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 disperazione» . E di Nizza ricorda che «era orribile» .  pensione, la compagnia è davvero troppo cattiva, ed è
 Vive a Sils e a Nizza perché non può far altro. La cattiva  quasi  inguardabile  il  modo  in  cui  usa  il  coltello  e  la
 salute  e  soprattutto  la  semicecità  gli  impongono  dei  forchetta  il  caro  vicino  di  tavolo.  Per  non  parlare  dei
 confini precisi, deve stare sempre negli stessi luoghi, ben  discorsi a tavola! Ripenso con tristezza e con rimpianto
 conosciuti, dove è in grado di orientarsi: «I miei occhi  al mio isolamento genovese di un tempo, anche se vive-
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 l’hanno imparata a memoria» scrive di Nizza . Anche  vo  come  un  pezzente  là  però  non  ero  circondato  da
 soggiornare a Nizza e Sils è una necessità, una delle sue  questa mediocre “plebaglia” tedesca. Era una situazione
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 tante limitazioni: «Tante cose mi sono precluse dalla mia  più dignitosa e più consona a me» . Si trovava partico-
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 semicecità» scrive a Overbeck nel febbraio del 1884 . E  larmente a disagio in quelle festicciole che la Pension de
 alla madre, alla fine del 1885: «La mia natura poco pra-  Genève  organizzava  ogni  tanto  per  i  villeggianti  e  alle
 tica, la semicecità... la cattiva salute mi inchiodano spes-  quali,  per  spirito  di  cortesia  e  timidezza,  non  sapeva
 so  a  situazioni  che  per  poco  non  mi  uccidono.  Quasi  sottrarsi; quelle festicciole con lampadine colorate, cotil-
 sette anni di solitudine e, per la massima parte, una vita  lon, tombole e “ricchi premi” alle quali i tedeschi, anche
 da cani, perché mi mancava tutto il necessario. Ringra-  delle  classi  colte,  sembrano  felici,  ieri  come  oggi,  di
 zio il cielo che nessuno sia stato testimone di tutto ciò  abbandonarsi. Nietzsche si sentiva estraneo a tutto, ma
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 da vicino» . Nel 1888, a un passo dalla follia, confesse-  in  special  modo  ai  divertimenti  collettivi,  come  aveva
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 rà, in Ecce homo: «Non ho mai avuto scelta» .  dovuto  rendersi  conto  fin  dai  tempi  della  Franconia.



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