Page 269 - Nietzsche - L'apolide dell'esistenza
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Durante il periodo di Natale del 1884 è malato. A
so lo aveva con la figlia del padrone di casa, Adrienne,
dodicenne, e in genere con tutti i bambini: «Il suo carat- Capodanno scrive alla madre: «Sono ora cinque anni di
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tere taciturno, il suo viso chiuso si aprivano rapidamen- seguito che questo giorno sono malato!» . Si lamenta
te... Faceva qualche passo in mezzo a loro, gli prendeva soprattutto del peggioramento degli occhi («puntini,
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le mani, faceva gesti affettuosi. Non arrivava mai a Sils- offuscamento, anche lacrimazione» ) che attribuisce
Maria senza portare alla bambina del suo padrone di alle troppe letture fatte nell’estate. Però non è che si
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casa un giocattolo, un regalo, un ricordo» . Ma accade- fosse sforzato molto: qualche opera di Arnobio, uno dei
va anche che i ragazzini più grandi vedendo quello stra- padri della Chiesa, un libro del gesuita spagnolo Balta-
no signore vestito dimessamente, che camminava un po’ sar Gracián, qualcosa di Montaigne. Si lagna, come al
curvo, con un ombrello in piena estate, parlando da solito, della solitudine, che in quell’inverno è temperata
solo, gli dessero la baia e lo prendessero a sassate. Lui dalla presenza di Paul Lanzky. Ma quando il sedicente
non protestava, subiva, non si arrabbiava per questo letterato gli fa leggere un lungo saggio a lui dedicato che
attentato alla sua dignità di “Herr Professor”. ha pubblicato su una rivista ungherese, lo scongiura di
Le sue lettere sono piene di elogi a Sils e Nizza, al impegnarsi a non scrivere mai più una riga sulla sua
loro clima, all’aria secca, alla luce giusta. In realtà le opera, avvertimento che aveva dovuto dare anche a Jo-
detestava. Dell’amata Sils dirà negli ultimi anni: «Di seph Paneth che vi si era attenuto. In una lettera a
tutti i miei soggiorni laggiù ho un ricordo terribile. Ero Overbeck annota: «Preferisco mille volte una vita asso-
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sempre malato, non avevo il cibo di cui ho bisogno, mi lutamente oscura alla compagnia di mediocri fanatici» .
annoiavo mortalmente, privo della vista e senza persone La pochezza delle persone che è costretto a frequentare
intorno. Arrivavo sempre a settembre in una sorta di lo umilia: «Sono anche stufo dei signori compagni di
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disperazione» . E di Nizza ricorda che «era orribile» . pensione, la compagnia è davvero troppo cattiva, ed è
Vive a Sils e a Nizza perché non può far altro. La cattiva quasi inguardabile il modo in cui usa il coltello e la
salute e soprattutto la semicecità gli impongono dei forchetta il caro vicino di tavolo. Per non parlare dei
confini precisi, deve stare sempre negli stessi luoghi, ben discorsi a tavola! Ripenso con tristezza e con rimpianto
conosciuti, dove è in grado di orientarsi: «I miei occhi al mio isolamento genovese di un tempo, anche se vive-
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l’hanno imparata a memoria» scrive di Nizza . Anche vo come un pezzente là però non ero circondato da
soggiornare a Nizza e Sils è una necessità, una delle sue questa mediocre “plebaglia” tedesca. Era una situazione
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tante limitazioni: «Tante cose mi sono precluse dalla mia più dignitosa e più consona a me» . Si trovava partico-
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semicecità» scrive a Overbeck nel febbraio del 1884 . E larmente a disagio in quelle festicciole che la Pension de
alla madre, alla fine del 1885: «La mia natura poco pra- Genève organizzava ogni tanto per i villeggianti e alle
tica, la semicecità... la cattiva salute mi inchiodano spes- quali, per spirito di cortesia e timidezza, non sapeva
so a situazioni che per poco non mi uccidono. Quasi sottrarsi; quelle festicciole con lampadine colorate, cotil-
sette anni di solitudine e, per la massima parte, una vita lon, tombole e “ricchi premi” alle quali i tedeschi, anche
da cani, perché mi mancava tutto il necessario. Ringra- delle classi colte, sembrano felici, ieri come oggi, di
zio il cielo che nessuno sia stato testimone di tutto ciò abbandonarsi. Nietzsche si sentiva estraneo a tutto, ma
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da vicino» . Nel 1888, a un passo dalla follia, confesse- in special modo ai divertimenti collettivi, come aveva
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rà, in Ecce homo: «Non ho mai avuto scelta» . dovuto rendersi conto fin dai tempi della Franconia.
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