Page 94 - Nietzsche - L'Anticristo, Crepuscolo degli idoli, Ecce Homo
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affascina? - Come dialettici si ha in mano uno strumento implacabile; con esso si può fare i

      tiranni; si compromette nel momento in cui si vince. Il dialettico lascia al suo avversario il
      compito  di  dimostrare  che  non  è  un  idiota:  rende  furiosi  e  allo  stesso  tempo  impotenti.  Il
      dialettico  depotenzia  l'intelletto  del  suo  avversario.  -  E  come?  In  Socrate  la  dialettica  è
      soltanto una forma di vendetta?

      8.
         Ho fatto capire in che modo Socrate potesse destare avversione: resta tanto più da chiarire

      il fatto che egli affascinasse. - Il motivo è che egli scoprì una nuova specie di agon, ove fu il
      primo maestro di scherma per i circoli nobili di Atene. Egli affascinava stuzzicando l'istinto
      agonistico degli Elleni - portava una variante nella lotta tra giovani e giovinetti. Socrate fu
      anche un grande erotico.

      9.

         Ma Socrate indovinò anche di più. Egli vide dietro i suoi nobili ateniesi; comprese che il
      suo caso, la sua idiosincrasia di caso già non era più un caso eccezionale. Lo stesso tipo di
      degenerazione si andava ovunque preparando in silenzio: la vecchia Atene andava verso la
      fine. - E Socrate comprese che tutti avevano bisogno di lui - dei suoi rimedi, della sua cura,
      del suo personale stratagemma di autoconservazione... Dappertutto gli istinti erano in anarchia;
      dappertutto si era a pochi passi dall'eccesso: il monstrum in animo era il pericolo generale.
      «Gli istinti vogliono fare i tiranni; occorre inventare un controtiranno  che  sia  più  forte»...

      Quando quel fisiognomo ebbe svelato a Socrate chi egli fosse, un antro di tutte le peggiori
      brame,  quel  grande  ironico  pronunciò  anche  un'altra  frase,  che  ci  fornisce  la  chiave  per
      giungere a lui. «È vero», disse, «ma io sono diventato signore di tutti loro.» Come  divenne
      Socrate signore di sè? - Il suo caso fu in fondo solo il caso estremo, solo quel che più saltava
      agli  occhi  di  quanto  allora  cominciava  a  diventare  la  calamità  generale:  che  nessuno  cioè

      fosse più signore di sé, che gli istinti si volgessero gli uni contro gli altri. Egli affascinò in
      quanto  caso  estremo  -  la  sua  paurosa  bruttezza  parlava  di  lui  agli  occhi  di  chiunque:  egli,
      com'è ovvio, affascinò ancor più fortemente come risposta, soluzione, parvenza di cura  per
      questo caso. -

      10.
         Quando  si  ha  bisogno  di  far  della  ragione  un  tiranno,  come  fece  Socrate,  non  dev'esser
      piccolo il pericolo che il tiranno lo faccia qualcos'altro. Allora si indovinò la salvezza nella

      razionalità; né Socrate né i suoi «malati» erano liberi di esser razionali - era de rigueur, era il
      loro  estremo  rimedio.  Il  fanatismo  con  cui  tutto  il  pensiero  greco  si  getta  sulla  razionalità
      tradisce una situazione di emergenza: si era in pericolo, si aveva un'unica scelta: o andare in
      rovina o - essere assurdamente razionali... Il moralismo dei filosofi greci da Platone in poi è
      condizionato patologicamente: e così pure la loro valutazione della dialettica. Ragione = virtù

      = felicità significa soltanto: si deve fare come Socrate e contro gli oscuri desideri produrre in
      permanenza la luce del giorno - la luce della ragione. Si deve essere saggi, chiari, luminosi a
      ogni costo: ogni cedimento agli istinti, all'inconscio, trascina in basso...
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