Page 92 - Nietzsche - L'Anticristo, Crepuscolo degli idoli, Ecce Homo
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Il problema di Socrate






      1.

         Sulla vita i più saggi hanno pronunciato in ogni tempo lo stesso giudizio: essa  non  vale
      nulla... Sempre e ovunque dalla loro bocca si è udito lo stesso suono, - un suono pieno di
      dubbio, di malinconia, di stanchezza della vita, di resistenza alla vita. Persino Socrate disse,
      in  punto  di  morte:  «vivere  -  è  come  esser  malati  a  lungo:  debbo  un  gallo  ad  Asclepio
      salvatore».  Persino  Socrate  ne  aveva  abbastanza.  -  Che  cosa  dimostra  questo?  che  cosa

      indica? - Una volta si sarebbe detto (- oh, lo si è detto, e forte abbastanza, e i nostri pessimisti
      innanzi  a  tutti!):  «Qui  dev'esserci  in  ogni  caso  qualcosa  di  vero!  Il  consensus  sapientium
      prova la verità». - Parleremo oggi ancora così? ci è lecito? «Qui dev'esserci in ogni caso
      qualcosa  di  malato»  -  rispondiamo  noi:  questi  saggissimi  di  ogni  tempo,  li  si  dovrebbe
      osservare  un  po'  da  vicino!  Erano  forse,  tutti  quanti,  non  più  saldi  sulle  gambe?  tardi?
      barcollanti? décadents? La saggezza comparirebbe forse sulla terra come un corvo, che un
      lieve odore di carogna manda in estasi?...


      2.
         Questa idea irriverente, che i grandi saggi siano tipi della decadenza, è nata in me per la
      prima volta proprio in un caso in cui le si oppone, nel modo più forte, il pregiudizio dei colti e
      degli incolti: riconobbi Socrate e Platone come sintomi di decadimento, come strumenti della
      dissoluzione  greca,  come  pseudogreci,  antigreci  (Nascita  della  tragedia,  1872).  Quel

      consensus sapientium - questo lo comprendevo sempre meglio - dimostra assai poco che essi
      avessero ragione nelle cose in cui si trovavano d'accordo: dimostra piuttosto che essi stessi,
      questi saggissimi, concordavano fisiologicamente in qualche cosa, per assumere - per dover
      assumere - lo stesso atteggiamento negativo nei confronti della vita. Giudizi sulla vita, giudizi
      di  valore,  pro  o  contro,  non  possono  infine  mai  esser  veri:  valgono  solo  come  sintomi,
      interessano solo come sintomi - in sé, giudizi del genere sono delle stupidaggini. Si debbono
      protendere completamente le dita e fare il tentativo di afferrare questa sorprendente finesse,

      che il valore della vita non può essere stimato. Non da un vivente, che è parte in causa, anzi
      addirittura oggetto della controversia e non giudice; e non da un morto, per altri motivi. - Per
      un  filosofo,  in  tal  modo,  vedere  un  problema  nel  valore  della  vita  costituisce  addirittura
      un'obiezione contro di lui, un punto interrogativo sulla sua saggezza, una insipienza. - Come? e
      tutti questi grandi saggi - non soltanto sarebbero dei décadents, ma non sarebbero nemmeno
      stati saggi? - Ma torniamo al problema di Socrate.


      3.
         Socrate  apparteneva,  per  origine,  al  popolino:  Socrate  era  plebaglia.  Si  sa,  lo  si  vede
      ancora, quanto fosse brutto. Ma la bruttezza, di per sé un'obiezione, presso i Greci è quasi una
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