Page 110 - Galileo. Scienziato e umanista.
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usati nelle taverne, che sono cosí poco decorati che puoi
guardarci attraverso:
E poi son pien di sí eccellente vino,
Che miracol non è se le brigate
Gli da del glorioso e del divino.
Gli altri, ch’an quelle veste delicate,
Se tu gli tasti, o son pieni di vento,
O di belletti o d’acque profumate,
O son fiascacci da pisciarvi drento 116 .
L’esercizio di Galileo in stile bernesco non migliorò la sua
posizione all’università. Un vecchio professore di medicina, che
era passato alla Facoltà di Pisa dopo molti anni passati a
Padova, Girolamo Mercuriale, lo incoraggiò ad andarsene.
Avrebbe dovuto presentare domanda per la cattedra di
matematica di Padova, che era vacante dalla morte del suo
venerato titolare, Giuseppe Moletti, nel 1588. Mercuriale era
stato vicino a Moletti e al suo amico Giovanni Vincenzo Pinelli,
la cui biblioteca costituiva il cuore culturale di Padova.
Conoscendo il territorio, Mercuriale sapeva anche che, come
scrisse a Galileo, «’l Studio di Padova era il proprio domicilio
del suo ingegno». E pagava meglio. Mercuriale avrebbe potuto
avvertire Pinelli e i soprintendenti veneziani dell’università del
tesoro che avrebbero potuto importare dalla Toscana 117 . I
fratelli Del Monte, sempre fedeli patroni di Galileo, aggiunsero
le proprie raccomandazioni e la speranza che Padova portasse
Galileo alla ribalta, «perché invero ella non è conosciuta se non
da molti pochi». La visita di Galileo a Venezia, nel settembre
1592, fu coronata da successo: i soprintendenti gli offrirono un
salario di 180 scudi, tre volte la sua paga a Pisa, per prendere il
posto di Moletti. Accettò, a condizione di ottenere da
Ferdinando il permesso di lasciare la Toscana. Non era
automatico: Francesco, il predecessore di Ferdinando, non