Page 680 - Dizionario di Filosofia
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considera che si sono sviluppate in lui per effetto dell’influsso determinante della
          società.  Il  dispotismo  e  il  privilegio,  infine,  scompariranno  solo  con  l’abolizione
          della proprietà. L’opera suscitò appassionati consensi e aspre ripulse; piacque anche
          a Marx, che rivide peraltro più tardi in senso negativo il suo giudizio su Proudhon.
          Va notato in realtà che la perentoria affermazione iniziale, « Che cos’è la proprietà?
          È  il  furto  »,  forza  e  tradisce  l’essenza  del  pensiero  dell’autore.  Nella  successiva

          Teoria  della  proprietà  (1865),  infatti,  egli  sostenne  addirittura  che  la  proprietà
          moderna, « prodotto spontaneo dell’essere collettivo […], può essere considerata
          […] come la più grande forza rivoluzionaria che esista e che possa opporsi al potere
          ».  E  in  un  precedente  articolo  su Le peuple  aveva  affermato:  «  Noi  vogliamo  la
          proprietà per tutti ». Proudhon è dunque piuttosto un individualista con venature di
          anarchismo:  secondo  lui,  «  l’anarchia  è  la  condizione  di  esistenza  delle  società
          attuali, come la gerarchia è la condizione delle società primitive ». Egli pensa che

          per rimuovere le ingiustizie sociali sia necessario eliminare il profitto capitalistico.
          Lo strumento di tale eliminazione è il credito gratuito, assicurato da una Banca di
          scambio. Dopo la sua elezione a deputato della Costituente (1848) Proudhon fondò
          infatti  la  Banca  del  popolo,  che  doveva  dimostrare  in  concreto  la  possibilità  del
          credito gratuito. Nonostante i numerosi strappi ai principi, l’istituzione non riuscì a
          funzionare  e  il  capitale  sottoscritto  non  superò  mai  i  18.000  franchi.  Il  fallimento

          progressivo della sua iniziativa bancaria, la condanna a tre anni di prigione per due
          articoli contro il futuro Napoleone III, le numerose disavventure personali e familiari
          non  distolsero  Proudhon  dal  proseguire  i  suoi  studi  politico-sociali.  La
          pubblicazione del saggio Della giustizia nella rivoluzione e nella Chiesa (1858) gli
          valse una nuova condanna a tre anni di prigione. Rifugiatosi in Belgio, tornò pochi
          anni dopo (1862) a Parigi, dove diede alle stampe l’opera Del principio federativo
          (1863).

          Proudhon ha influenzato variamente tutte le correnti del socialismo libertario fino ai
          nostri  giorni.  Famose  sono  le  sue  prese  di  posizione  contro  gli  altri  teorici  del
          socialismo,  peraltro  più  recise  che  persuasivamente  motivate:  disprezza  i
          sansimoniani, considera il pensiero di Fourier « la più grande mistificazione della
          nostra  epoca  »,  a  Blanc  rimprovera di  aver  «  avvelenato  gli  operai  con  formule
          assurde », chiama Marx « la tenia del socialismo », definisce il comunismo una «

          assurdità  antidiluviana  ».  Marx,  nella Miseria  della  filosofia  scritta  in  polemica
          contro Il  sistema  delle  contraddizioni  economiche,  ovvero  La  filosofia*  della
          miseria (1846) di Proudhon, gli affibbiò quell’etichetta di « piccolo-borghese », che
          gli è rimasta attaccata. In realtà Proudhon, lettore appassionato ma non acutissimo di
          Rousseau, di A. Smith e di Hegel, non è riuscito a elaborare un pensiero organico e
          coerente. Anche se le sue analisi economiche appaiono approssimative e superate,
          oggi si è tuttavia, per molte ragioni, più inclini a simpatizzare se non altro con gli

          aspetti  antiautoritari  e  utopistici  del  suo  cosiddetto  «  sistema  ».  Esso  sembra  far
          perno  sul  mutualismo  nel  campo  economico  sociale  e  sul  federalismo  in  quello
          politico.  L’avvento  di  queste  nuove  forme  di  organizzazione  presuppone  la
          sostituzione del principio di autorità con quello di contratto, « solo legame morale
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