Page 679 - Dizionario di Filosofia
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il  massimo  rappresentante  della  sofistica  greca,  il  primo  che  si  fece  chiamare  «

          sofista », e cioè maestro di « educazione e di virtù ». Di tutti i suoi scritti ci restano
          solo  pochi  frammenti,  dei  quali  due  soltanto  hanno  rilevanza  filosofica.  Il  primo
          deriva  dall’opera  condannata  ed  esprime  un  chiaro  atteggiamento  agnostico:  degli
          dei  non  sappiamo  nulla  ed  è  inutile  insistere  nella  ricerca,  «  per  l’oscurità  della
          questione e la brevità della vita ». Fondamentale è l’altro frammento, che costituiva
          la  frase  iniziale  dell’opera La verità.  Esso dice, tradotto alla lettera: «  L’uomo è

          misura di tutte le cose: di quelle che sono, in quanto sono; di quelle che non sono, in
          quanto non sono ». Di tutte le interpretazioni date a questa tormentatissima frase la
          più  attendibile  sembra  quella  che  si  desume  dal Teeteto  platonico:  non  c’è
          opposizione fra 1’ « essere » e il « parere », e Parmenide ha torto; vero è ciò che a
          ciascuno sembra e dunque « l’opinione » e « la verità » coincidono. In ciò sta anche
          la ragion d’essere dell’oratoria sofìstica, mirante a « rendere più forte il discorso
          più  debole  »  e  cioè  a  imporre  mediante  l’abilità  retorico-dialettica  l’opinione  in

          partenza  dai  più  non  condivisa,  tramutandola  così  in  «  verità  ».  Contro
          l’identificazione  del  parere  con  l’essere  è  diretta  la  polemica  socraticoplatonica,
          della  quale  una  testimonianza  particolarmente  vivace  è  il  dialogo  di  Platone
          intitolato appunto Protagora*. Di alcune altre opere del grande sofista si conoscono
          soltanto i titoli.

          Bibliogr.: V. SOFISTICA.
          PROTOCOLLARE.  Di enunciati che contengono unicamente protocolli e che, mentre
          non hanno alcun bisogno di dimostrazione poiché la loro validità è garantita dalla
          presenza dei protocolli stessi (che li riconducono al dato osservabile), servono di
          base alla costruzione di ogni sistema scientifico. (V. PROTOCOLLO.)

          PROTOCOLLO. Termine introdotto nel linguaggio del neopositivismo dal circolo di
          Vienna  per  indicare  la  registrazione  dei  dati  immediati  dell’esperienza,  in
          riferimento ai quali viene stabilita la significanza stessa di una proposizione.

          PROUDHON (Pierre Joseph), teorico francese del socialismo (Besançon 1809 - Parigi
          1865). Di famiglia modesta, dovette presto interrompere gli studi per cominciare a
          guadagnarsi la vita come correttore di tipografia. In seguito, dopo aver viaggiato per
          la  Francia,  si  stabilì  nella  sua  città  natale,  dove  divenne  comproprietario  di  una
          tipografia e dove entrò in contatto con gli ambienti legati al fuorierismo; si dette poi
          al  giornalismo  e  si  stabilì  a  Parigi  (1838):  qui  prese  contatto  con  i  vari  circoli
          socialisti e conobbe anche Marx.

          Nel 1840 presentò all’Accademia di Besançon la memoria dal titolo Che cos’è la
          proprietà?  ovvero  Ricerche  sul  principio  del  diritto  e  del  governo,  che  lo  rese
          subito celebre. In essa l’autore vuole provare che tutti i mali sociali derivano dalla
          proprietà. Intanto le varie fondazioni teoriche dell’istituto della proprietà (il diritto
          naturale,  l’occupazione  originaria,  il  lavoro,  il  consenso  universale)  non  reggono
          alla  critica  e  si  rivelano  tutte  contraddittorie  e  inconsistenti.  Per  effetto  della

          proprietà e del conseguente gravame degli interessi e dei profitti, poi, i prodotti del
          lavoro  umano  vengono  a  costare  più  del  loro  valore  reale.  Anche  delle  proprie
          qualifiche  intellettuali  e  morali  l’individuo  è  a  rigore  solo  depositario,  se  si
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