Page 91 - Storia della filosofia moderna. Da Niccolò Cusano a Galileo Galilei.
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avvalendosi  di  tutti  gli  appunti  presi  dal  suo  maestro  Tycho
                Brahe,  ridisegnò  una  per  una  le  orbite  dei  pianeti.  Ebbene,

                bisogna ammettere che il suo modello è rimasto immutato per
                quattro secoli.

                       Come già Pitagora, anche Keplero paragonò i rapporti tra i
                corpi  celesti  alle  note  musicali.  Lui  «sentiva»  che  nel  cosmo

                esisteva  una  specie  di  armonia  divina  che  accomunava  la

                musica  alla  matematica.  All’inizio  delle  sue  ricerche  pensò
                addirittura  che  l’Universo  avesse  una  specie  di  anima,  da  lui

                definita anima motrix; poi ridimensionò le sue ipotesi e lo vide
                come  un  orologio  che,  una  volta  messo  in  moto  (si  spera  da

                Dio), non si può più fermare.
                       Keplero  esercitò  la  sua  genialità  nei  campi  più  disparati.

                Basti pensare che elaborò una formula matematica per calcolare
                con esattezza quanti litri contenesse una botte conoscendo solo

                tre  misure:  la  base,  l’altezza  e  la  circonferenza  al  centro.  Ci
                scrisse  sopra  un  saggio  intitolato  Nova  stereometria  doliorum

                vinariorium.  Inoltre  studiò  l’ottica  fisiologica,  e  adottò  per
                primo l’uso delle lenti convesse nei cannocchiali. Infine lasciò

                ai posteri un gigantesco trattato di astronomia suddiviso in sette
                volumi.

                       Come  carattere  era  un  bonaccione:  cercò  di  aiutare  gli

                allievi e soprattutto la propria mamma accusata di stregoneria
                dai  preti.  Avvalendosi  delle  sue  amicizie  altolocate,  riuscì  a

                evitarle il patibolo. Morì a Ratisbona, a cinquantanove anni.
                              A proposito di Copernico, Brahe e Keplero,

                              me li immagino tutti e tre in Paradiso, seduti su una
                       nuvola,  che  contemplano  l’Universo  dall’alto  dei  Cieli.

                       Stanno lì, sospesi in aria, e si fanno continuamente delle
                       domande, tutte a proposito di stelle.

                              «Niccolò»  dice  Keplero  a  Copernico,  «ma  tu,
                       quand’eri vivo, te lo immaginavi un Universo così grande?

                       Lo sai quante galassie ci sono?»
                              «Quante?» chiede Copernico.



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