Page 59 - Storia della filosofia moderna. Da Niccolò Cusano a Galileo Galilei.
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al giorno (tre la mattina e tre la sera). Gli abiti erano tutti uguali:
di lino bianco quelli estivi e di lana caprina quelli invernali.
L’unico gioco consentito erano gli scacchi. Gli oggetti di lusso,
tipo i gioielli, le perle, gli ori e gli argenti non avevano valore. I
vasi da notte erano d’oro per abituare i bambini, fin da piccoli, a
disprezzare i metalli preziosi. Ogni trenta famiglie si eleggeva
un magistrato, detto sifogranto, e ogni duecento sifogranti si
eleggeva un Principe. Per le decisioni comuni si ricorreva ai
referendum. Ma non si votava subito, il giorno stesso stabilito
dal Principe: si prendeva la scheda e la si riconsegnava il giorno
dopo, non ancora segnata, questo per dare più tempo agli
elettori di riflettere sull’argomento votato.
Straordinario quello che gli utopiani pensavano della
guerra. Per loro vincere era una vergogna, motivo per cui, prima
di dichiararla, facevano di tutto per scendere a compromessi.
Arrivavano al punto di inviare al nemico dei fogliettini di carta
con sopra scritta la somma che erano disposti a versare a chi
avesse eliminato fisicamente il Principe avversario. Meglio
rimetterci dei soldi, dicevano, che fare una guerra lunga e
difficile. Per quanto alte fossero le ricompense, erano sempre
più basse dei costi di una guerra. Solo tre erano i motivi validi
per dichiararla: 1) difendere il proprio territorio, 2) liberare
quello di un popolo amico, 3) eliminare un tiranno sanguinario.
Tutto questo, comunque, sempre dopo aver provato con altri
mezzi a convincere il nemico.
Qualche maligno ha messo in giro la voce che Tommaso
Moro, nel comporre Utopia, abbia copiato dalla Repubblica di
Platone, ma a leggerlo con attenzione ci si rende subito conto
che non è vero. La Repubblica è più un’anticipazione del
nazismo, laddove Utopia, a voler essere proprio cattivi, precorre
solo il comunismo. Quella di Utopia, insomma, è una scelta di
vita dove l’uguaglianza è considerata un bene ancora più
importante della felicità. Uguali le città, uguali i vestiti, uguali
le case, uguali i redditi, uguali le ore di lavoro e uguali anche i
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