Page 58 - Storia della filosofia moderna. Da Niccolò Cusano a Galileo Galilei.
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A titolo di compenso, nella seconda metà dell’Ottocento, Pio IX
lo nominò santo. Pace all’anima sua.
A parte queste truci vicende, il nome di Tommaso Moro è
legato a un romanzo intitolato Utopia. Nel libro scritto in
Olanda, a casa di Erasmo, si racconta di un marinaio
portoghese, un certo Raffaele Itlodeo, che, in uno dei suoi tanti
viaggi al seguito di Amerigo Vespucci, finì con l’approdare su
un’isola sperduta chiamata Utopia.
Attenzione: Utopia in greco significa «non luogo», ovvero
una «isola che non c’è», e a questo proposito ricordo che anche
Platone, nella Repubblica, parlando della città ideale, tenne a
precisare che non esisteva da nessuna parte.
Una volta sceso su quell’isola lontana, Raffaele Itlodeo vi
rimase per cinque anni, e, a chi gli diceva che in un paese come
quello avrebbe corso il rischio di non avere nemmeno una
tomba, lui rispondeva: «E che me ne importa! Uguale è la
strada per arrivare al cielo, da qualunque punto si parta!».
Utopia era lunga duecento miglia e aveva la bellezza di
cinquantaquattro città, tutte uguali tra loro e con lo stesso
numero di abitanti. Ogni città distava dalle altre ventiquattro
miglia esatte: non un metro in più, non un metro in meno. Chi
ne conosceva una le aveva conosciute tutte. Fondatore di Utopia
nel 244 a. C. fu un certo Utopo, un navigatore di provenienza
incerta, non si sa se egiziana, romana o greca. La capitale si
chiamava Amauroto che in greco vuol dire «evanescente», e il
fiume che la bagnava Anidro che sempre in greco significa
«privo di acqua». Caratteristica fondamentale degli utopiani era
l’inesistenza della proprietà privata. Nessuna casa aveva una
porta che si potesse chiudere a chiave e ogni dieci anni le case
venivano sorteggiate tra tutti gli abitanti per essere riassegnate
di nuovo. Solo così i singoli proprietari non si sarebbero potuti
affezionare alle loro case. Ogni palazzo era alto tre piani e
aveva alle spalle un giardino di circa trenta metri quadri. Tutti
lavoravano, o come contadini o come artigiani, e per sole sei ore
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