Page 46 - Storia della filosofia moderna. Da Niccolò Cusano a Galileo Galilei.
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incantationibus.
Il suo libro più importante, però, fu il De immortalitate
animae, un testo dove senza mezzi termini dichiarava che
l’anima, al contrario di quanto tutti pensavano, muore insieme
al corpo per poi dissolversi nell’aria, e tanto bastò per farlo
mettere all’indice.
Pomponazzi dice che ci sono due criteri per spiegare gli
eventi, il primo con la Fede, il secondo con la Ragione. Se ci
basiamo sulla Fede possiamo credere ai miracoli, se ci
affidiamo alla Ragione, invece, non si può. Al massimo
possiamo addebitare certi eventi all’influenza degli astri.
Perfino le religioni, diceva, nascono e muoiono grazie alle
presenze celesti. Non credeva, quindi, nei santi, ma credeva
negli oroscopi.
Al pari di Socrate, era convinto che nella vita il vero
premio della virtù fosse la virtù stessa e che solo una bestia può
preferire la cattiveria alla bontà. D’altra parte, da bravo filosofo
qual era, la domanda sull’anima non se la poteva scansare:
esiste o non esiste? E se esiste, è mortale o immortale? È
un’anima eterna, a servizio intero, o un’anima così così, a
mezzo servizio?
Per Aristotele esistevano tre tipi di anima: l’anima
razionale (quella degli uomini), l’anima sensitiva (quella degli
animali) e l’anima vegetativa (quella delle piante). Aveva
qualche dubbio solo sull’anima delle spugne, e anch’io, lo
confesso, non ho mai capito se le spugne siano delle piante o
degli animali.
L’anima di Pomponazzi, invece, non aveva niente a che
vedere con quella aristotelica. Era una cosa che stava a metà
strada tra il materiale e l’immateriale. Diciamo che si trovava al
confine tra due diverse nature: lui la immaginava immateriale se
confrontata al materiale, e materiale se confrontata
all’immateriale.
Tutto questo, ovviamente, dette un fastidio tremendo alla
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