Page 15 - Manuale per salvare i semi dell'orto e la biodiversità
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INTRODUZIONE ALL’EDIZIONE ORIGINALE
’orticoltura è uno dei passatempi preferiti degli australiani ed è anche un’attività prati-
Lca e salutare. Tuttavia pochissimi orticoltori odierni fanno ciò che veniva spontaneo ai
loro antenati, salvare i semi dei propri raccolti. Fino poco tempo fa tutti gli orticoltori e gli
agricoltori erano gli addetti al patrimonio vegetale che ci sosteneva. Nel corso dei secoli è
stata la raccolta di semi che ha reso possibile ‘addomesticare’ le piante selvatiche e ciò ha
permesso alle comunità di stabilirsi.
Attraverso anni di cosciente selezione di frutti, ortaggi, cereali e fiori, i coltivatori del
passato hanno prodotto la diversità di raccolti di cui noi usufruiamo.
La diversità di vita (biodiversità), che è essenziale alla nostra sopravvivenza, si sta silen-
ziosamente erodendo. Pochissime varietà adattate localmente sono oggi disponibili: va-
rietà che hanno le particolari caratteristiche, così utili al coltivatore ‘pulito’, di sapore e di
resistenza alle avversità. Perché accade tutto ciò, se le capacità richieste all’orticoltore per
conservare il nostro patrimonio vegetale sono così poche e semplici? Perché una mezza
dozzina di varietà di rosse, lucenti palle da cricket hanno rimpiazzato dei sugosi e deliziosi
pomodori il cui gruppo di geni presenta centinaia di differenti varietà?
Per salvare buoni semi dovete semplicemente seguire ciò che le piante fanno naturalmen-
te. Ma dovete partire da uno stock di semi che sia originale e vitale.
La produzione e distribuzione di massa odierne regolano su scala mondiale la coltivazione
delle piante e la produzione di seme. È ovvio a chiunque che, quando le piante vengono
‘ideate’ per specifici scopi commerciali, si perdono inevitabilmente altre pregevoli carat-
teristiche. I pomodori raccolti a macchina, scaricati su nastri trasportatori e spediti tramite
autocarro a grande distanza, devono essere belli tosti, ma non necessariamente saporiti o
nutrienti!
Citando il pomodoro commerciale ‘insapore ma tosto’ quale ‘esempio primario del pro-
blema’, l’eminente fisiologo del seme australiano dr. David Murray nota che «i costituenti
di gusto e di aroma sono i primari determinanti della qualità dei raccolti di frutta, ortaggi
e cereali, ma questo aspetto è stato spesso ignorato nei passati programmi di coltivazio-
ne». (Murray, Advanced Methods in Plant Breeding and Biotechnology, 1991).
Molte imprese commerciali si concentrano sulla coltura degli ibridi, non di varietà a
impollinazione aperta. Ma gli ibridi non si prestano alla conservazione del seme in quanto
essi regrediscono verso i loro genitori naturali, oppure sono semplicemente sterili come
un mulo.
Il risultato finale di queste tendenze è che i coltivatori sono dipendenti dalle sementi ibri-
de ortive e floreali controllate dalle grandi aziende e che devono essere riacquistate ogni
anno, a un costo ulteriore per i coltivatori: ovviamente ciò rappresenta un aspetto positivo
per le aziende agrochimiche!
Inoltre le piante ibride sono geneticamente uniformi. I semi ibridi producono piante pra-
ticamente identiche, che moriranno tutte insieme quando vi è un problema di malattie o
insetti nocivi. In un piccolo orto le differenze tra le piante consentono differenti reazioni
ai nocivi. L’uniformità è del tutto contraria alle necessità dell’orto familiare.
Gli ortaggi ibridi sono progettati per maturare tutti nello stesso momento. Gli agricoltori
sotto contratto con le aziende di conservazione hanno bisogno che i fagioli o i pomodori
maturino simultaneamente al fine di minimizzare i costi di raccolta, ma gli orticoltori