Page 83 - Maschere_Motta
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quando si riebbe, vide sdraiato accanto a sè l’asino. «Ecco il settimo - esclamò - Ma dove ti
eri cacciato? ».
Più tardi la distrazione e l’ingenuità si combineranno con una sempre più accentuata
malizia e con una nota di surreale; Gianduja, inserito nello spettacolo come caratterista,
finisce con l’improntare di sè la vicenda al punto che il pubblico non vede che lui. Nessuno
in platea si commuove quando il principe si è perduto per amore in una foresta azzurra,
ma l’ilarità non ha freno quando Gianduja, sentendo gli stimoli dell’appetito, gli chiede il
permesso di fare un salto in rosticceria. «Siamo perduti» gli ricorda il principe con voce di
mesto rimprovero. «Scusi tanto, credevo di essere a Cuneo».
Soggetto (dal verbo latino subicere: “sottoporre”. Il significato originario del termine
era “argomento, oggetto o opera da esaminare”) Con particolare riferimento alla
Commedia dell’Arte, corrisponde ai termini “scenario” e “canovaccio”; in tal senso
vale la definizione di Andrea Perrucci: «tessitura delle scene sopra un argomento formato,
dove in compendio si accenna un’azzione (sic!) che deve dirsi o farsi da recitante all’improvviso,
distinguendosi per atti e per scene». Oggi dicesi “soggetto” anche ogni invenzione dell’attore al
di fuori delle battute o delle didascalie contenute nel copione.
Generalmente si tratta di parole o gesti solo in apparenza estemporanei, e in realtà
“fissati” durante le prove o nel corso d’una rappresentazione, e poi rigorosamente mantenuti
quando il pubblico abbia mostrato di apprezzarli.
È l’attore comico che, per sua natura, ha più frequenti occasioni di creare soggetti; i
quali non per niente, infatti, corrispondono a quelli che nella Commedia dell’Arte erano i “lazzi”.
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