Page 32 - Maschere_Motta
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negli ultimi decenni del secolo XVI) e avvicinandola a quella italiana a dell’uomo selvatico,
       egli potè enucleare dal comune denominatore degli Zanni una figura nuova, che divenne
       poi Arlecchino. Tristano Martinelli, attore famosissimo nelle compagnie dei Gelosi e dei
       Desiosi, morto nel 1630, fu certamente interprete di eccellenti Arlecchini. Di lui rimane
       una rappresentazione iconografica molto singolare ed indicativa di un atteggiamento. E
       molto probabile che le sue interpretazioni restassero ancora aderenti al carattere origina-
       rio degli Zanni, ai quali rifaceva la natura esteriore e visiva del personaggio.
        Con Domenico Biancolelli  (1646?-1688), il popolare “Dominique”, la tradizione si andò
       affinando. L’esperienza della scena francese, maggiormente incline alle figurazioni di sti-
       le, contribuì a dirozzare le intonazioni grottesche. “Dominique” ricorse di preferenza alle
       sottolineature sapienti, alla modulazione stilizzata della parola e della mimica, così che
       nell’atteggiamento aggraziato delle movenze la recitazione acquistò il tono di un leggia-
       dro balletto.
        Con Angelo Costantini (circa 1670-1729) la Maschera si diffuse in tutta Europa, ma con
       Evaristo Gherardi (1663-1700) divenne il portavoce delle preoccupazioni sociali - angoscio-
       se per l’opinione pubblica del tempo - quasi mescolandosi con la folla.
        Tommaso Visentini (1682-1739) e Carlo Bertinazzi (1710-1783) ricondussero la Maschera
       entro i limiti della tradizione, specialmente il Bertinazzi che ne fece un insieme armonico
       di espressione mimica ed intonazioni linguistiche. Antonio Sacco, attore superbo della fa-
       vole gozziane, fu forse l’epigono dei grandi interpreti tradizionali.
        Fra i numerosi Arlecchini moderni meritano soprattutto la dignità della citazione Carlo
       Zago, Antonio Gandusio, Carlo Lodovici, Marcello Moretti. La celebrità di quest’ultimo ri-
       mane principalmente legata alla personale interpretazione dell’Arlecchino goldoniano de
       Il servitore di due padroni, portato al successo dal Piccolo Teatro di Milano in centinaia di rap-
       presentazioni davanti ai pubblici più disparati e dalle tradizioni teatrali diversissime grazie
       al ritmo e allo spirito che animavano la Maschera, dandole nuova vita. Ferruccio Soleri ha
       raccolto l’eredità artistica di Marcello Moretti, dopo averlo accompagnato, e talora so-
       stituito, nel lungo cammino che l’attore scomparso compì al seguito della sua creazione.
       L’aspetto carnevalesco della figura, la positura in eterno movimento, il gioco variegato dei
       colori, la fama che accompagnò taluni interpreti eccezionali hanno probabilmente favo-
       rito la rievocazione fantastica oltre che nelle numerose stampe sei-settecentesche, con-
       servate in pregevoli raccolte, e nelle statuette di terracotta o di Capodimonte, nelle opere
       di Watteau, di Gino Severini, di Pablo Picasso e in quelle tra il ritratto giocoso e l’intima
       partecipazione dello spirito, che vanno dal poema Arlichino di Giorgio Maria Rapparini ai
       versi di Guillaume Apollinaire.


                                                                 Niccolini F. - Pandolfi V.









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