Page 100 - Maschere_Motta
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Leandro
l carattere del «giovane amoroso», che assume volta
a volta i nomi di Flavio, Orazio, Lelio, Cinthio, impo-
I I ne all’interprete bell’aspetto, prestanza fisica voce
gradevole, maniere di buona società e vestire alla moda,
dovendo rappresentare l’ideale maschile della sua epoca.
Leandro è l’unico dei tipi di giovane amoroso che vada
incontro a un destino meno felice: amante perfetto
nelle compagnie italiane del ‘600 e nelle commedie di
Molière, acquista alla fine del secolo una crescente vena
di ridicolo: ai primi del ‘700, dire «il Leandro» non è più un
complimento, ma una baja. Figlio di qualche Capitano,
grande sterminatore di Saraceni, malgrado i pizzi e il parlar
forbito, Leandro non riesce a collezionare che sdegnosi
rifiuti. Maldestro, suscettibile, non ammette che altri
abbia più fortuna di lui, e gli accade parecchie volte in un
giorno di por mano alla spada; nessuno, però, ne ha mai
vista la lama, anche se è risaputo che, più di una volta, calci
destinati alla pancia di Leandro sono arrivati altrove grazie
alle sue veloci giravolte.
Piuttosto sospetto è anche il suo livello di cultura;
Arlecchino riferisce di aver trovato in una tasca del suo
padrone un sillabario intonso, e assicura di averlo visto
firmare con una croce. Escluso dalle alcove e costretto alle
millanterie, il Leandro che era stato uno dei più applauditi
tipi di giovane amoroso va sempre più assomigliando
a quelle figure di Capitano che già erano state per secoli
il diletto delle platee di tutta Europa. L’incontro tra i due
caratteri sarebbe stato sperimentato la prima volta, con
esito felice, dall’attore francese Dubus de Chanville, nella
prima metà del ‘700; da allora la parte di Leandro fu affidata
a attori già specializzati ad interpretare Arlecchino, sorte
umiliante per un personaggio con pretese da gallo, ritto
soltanto per via d’un busto con stecche di balena.
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