Page 26 - Storia della Russia
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fondiarie. La maggioranza della popolazione cittadina era costituita da artigiani, piccoli
commercianti e lavoratori non specializzati. Tra loro e l’élite c’erano i ricchi mercanti
autoctoni o stranieri, mentre sul gradino più basso della società si trovavano i lavoratori
dipendenti e gli schiavi. Anche le città avevano i loro organi comunitari: un’assemblea, il
veče. Il principe e il suo seguito tenevano in enorme considerazione il rapporto con la
popolazione cittadina: il gran principe assegnava le città ai singoli principi e questi ne
affidavano l’amministrazione ordinaria agli abitanti; inoltre, la sola družina non era quasi
mai sufficiente a sostenere da sola le campagne militari e veniva affiancata dalla locale
milizia cittadina. A volte i principi entravano in conflitto con gli abitanti della loro città e
venivano cacciati; altre volte il veče eleggeva o invitava un principe a governarla.
Novgorod in particolare sviluppò una forte tradizione d’autonomia locale, con capi
cittadini eletti (i posadniki). La campana del veče di Novgorod divenne il simbolo della
sua indipendenza.
Oltre che tra il principe e i cittadini, nascevano scontri e conflitti anche tra i membri
della famiglia regnante. Assegnando ai suoi figli città o principati (il loro «appannaggio»
[udel] o eredità personale), Vladimir pensava di rafforzare il potere centrale di Kiev sulle
regioni periferiche e di consolidare la nuova religione, scongiurando ulteriori lotte
fratricide. Sotto i suoi discendenti emerse tra i principi rjurikidi un chiaro sistema di
successione, non tanto diverso da quello praticato in altre comunità delle steppe. La stirpe
di sangue reale si spartiva così il dominio del paese: il fratello maggiore governava su
Kiev e deteneva il titolo di gran principe, mentre gli altri ricevevano la loro parte in
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ordine di anzianità e cambiavano sede alla morte di un fratello maggiore o in circostanze
analoghe. Il principio della successione collaterale e la rotazione delle sedi forniva una
regola ereditaria chiara e un metodo che teneva conto delle esigenze di tutti i figli e del
loro seguito. Eppure non mancavano zone d’ombra: l’anzianità di un fratello poteva essere
determinata in base a diversi criteri e presto il sistema cominciò a mostrare alcune falle.
Dopo la morte di Vladimir, la questione si fece sempre più complessa a causa delle tante
ramificazioni del clan rjurikide, e nel 1097 i principi regnanti si incontrarono nella città di
Ljubeč’ per discutere dei problemi di successione. Fu un risultato solo parziale. Queste
faide intestine, però, non vanno considerate una caratteristica esclusiva della Rus’: basta
pensare, per esempio, alle guerre che in quello stesso periodo ebbero luogo nell’Inghilterra
sassone e normanna, oppure in Francia o Scandinavia. Tuttavia, fino alla conquista
mongola nel XIII secolo, le rivalità tra i principi rappresentarono la prima causa di
conflitto e disunione, una tradizione che continuò anche sotto il dominio mongolo, fino al
nuovo stato, finalmente unificato, dei gran principi di Mosca nel XV secolo.
Sotto Vladimir, Jaroslav e i loro successori, fino al regno di Vladimir Monomach (gran
principe tra il 1113 e 1125), la Rus’ kieviana rimase uno stato unitario. Le frequenti
alleanze matrimoniali strette dai suoi principi con le altre famiglie regnanti d’Europa –
inglesi, francesi, tedesche, ungheresi, lituane, mongole, polacche, scandinave e bizantine –
sono la prova dell’importanza della Rus’ e della sua integrazione con il mondo circostante.
L’architettura delle principali città testimonia anche la magnificenza dei sovrani kieviani:
Jaroslav, ad esempio, celebrò la sua definitiva vittoria contro i pečenegi nel 1036 con una
serie di progetti edilizi a Kiev, che raggiunsero il loro apogeo con la nuova cattedrale di
Santa Sofia e altre grandiose chiese in pietra conservatesi dall’XI e XII secolo. Ma, con
l’evoluzione e la crescita dell’economia kieviana, aumentò anche l’importanza delle