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QUEL CHE UNA PIANTA SA
riusciva a indurre le foglie della pianta di Mimosa a chiudersi
(non ebbe successo, e descrisse lui stesso lo studio come “l’e
sperimento di un folle”).4
Dal tempo dei falliti tentativi di Darwin, le ricerche nel set
tore della capacità uditiva delle piante non sono certo fiorite!
Lo scorso anno sono stati pubblicati centinaia di articoli scien
tifici riguardanti la reazione delle piante alla luce, agli odori e al
tatto, ma negli ultimi venti anni soltanto una manciata di lavo
ri ha affrontato specificamente la reazione al suono e molti di
questi non hanno retto agli standard che ritengo indispensabili
per dimostrare un “udito” delle piante.
Un esempio (per quanto bizzarro) di questi studi è stato pub
blicato su The Journal of Alternative and Complementary Medi
cine.’ A compierlo furono Gary Schwartz, docente di psicolo
gia e medicina, e la sua collega Katherine Creath, professoressa
di scienze ottiche, entrambi dell’Università dell’Arizona, dove
Schwartz ha fondato il Programma di Ricerche v e r ita s.6 Que
sto programma “sperimenta l’ipotesi che la consapevolezza (o
la personalità o l’identità) di un essere umano sopravviva alla
morte fisica”. Ovviamente, studiare la consapevolezza dopo la
morte7 presenta alcune difficoltà sperimentali, così Schwartz
studia anche l’esistenza di una “energia guaritrice”. Poiché i
partecipanti umani a uno studio possono essere fortemente in
fluenzati dal potere di suggestione, i due usarono al loro posto
delle piante, allo scopo di svelare “gli effetti biologici della musi
ca, del rumore e dell’energia guaritrice”.8 Ovviamente, le piante
non possono essere influenzate dall’effetto placebo o, per quan
to ne sappiamo, da preferenze musicali (per quanto ne dicano
alcuni ricercatori impegnati in ricerche del genere).
I due ipotizzavano che l’energia guaritrice e la musica “deli
cata e dolce” (quella del flauto dei nativi americani e dei suoni
naturali, guarda caso la preferita dagli sperimentatori) avreb
bero condotto alla germinazione dei semi.* Creath e Schwartz
* È interessante che abbiano scelto musica “dolce e delicata” pur facendo
riferimento a Pearl Weinberger dell’Università di Ottawa, che nei suoi stu
di condotti negli anni Sessanta e Settanta usava onde ultrasoniche (che non
sono assolutamente né dolci né delicate).5
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