Page 138 - Quel che una pianta sa
P. 138

EPILOGO


             umano nella vita marina di questi ultimi. Tali esempi mostrano
             chiaramente che quella “umana” può essere solo una varietà,
             per quanto interessante, di intelligenza.
                Così, se gli esseri umani e le piante sono simili per il fatto
             di essere consapevoli di ambienti luminosi complessi, di intri­
             cati aromi, di stimolazioni fisiche differenti, se gli esseri uma­
             ni e le piante mostrano delle preferenze, e se sia gli uni sia le
             altre ricordano, allora quando guardiamo una pianta vediamo
             noi stessi?
                Ciò che dobbiamo capire a un livello più generale è che noi
             condividiamo la biologia non soltanto con le scimmiette e con
             i cani, ma anche con le begonie e le sequoie. Quando ammiria­
             mo il nostro roseto in piena fioritura, dovremmo considerarlo
             alla stregua di un cugino molto lontano, sapendo che, proprio
             come lui, possiamo distinguere ambienti complessi, e che con­
             dividiamo geni comuni. Quando guardiamo un’edera abbarbi­
             carsi a una parete, stiamo guardando quello che, se non vi fosse
             stato un remoto incidente probabilistico, sarebbe potuto essere
             il nostro futuro. Stiamo osservando un altro possibile risultato
             della nostra stessa evoluzione, un risultato che ha imboccato
             una strada diversa circa due miliardi di anni fa.
                La condivisione di un passato genetico non nega eoni di
             evoluzione separata. Anche se le piante e gli esseri umani man­
             tengono capacità parallele di percepire ed essere consapevoli
             del mondo fisico, sentieri indipendenti dell’evoluzione hanno
             condotto a una caratteristica tipicamente umana, intelligenza a
             parte, che le piante non posseggono: la capacità di interessarsi
             alle cose e di prendersi cura di loro.
                Così, la prossima volta che vi ritrovate a passeggiare attra­
             verso un parco, soffermatevi un istante a domandarvi: cosa ve­
             de il dente di leone nel prato? Che cosa annusa l’erba? Tocca­
             te le foglie di una quercia, sapendo che l’albero rammenterà di
             essere stato toccato. Ma non si ricorderà di voi. D ’altro canto,
             voi siete in grado di ricordare questo particolare albero e di
             conservarlo per sempre nella vostra memoria.






                                         147
   133   134   135   136   137   138   139   140   141   142   143