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Manette in Vaticano
Il cardinale Rambo che imbarazza la curia
L’Obolo di san Pietro non è l’unico allarmante buco nero nei bilanci della Santa sede.
Un buco nero alimentato, come abbiamo visto, da informazioni sempre parziali e
lacunose. Tutta la gestione economica dei sacri palazzi arriva alla commissione
pontificia d’inchiesta viziata da zone d’ombra e dati difficili da leggere e interpretare.
La task force voluta da Francesco è in evidente affanno. Ogni mossa, anche la più astuta
e repentina, trova sempre l’ostacolo di una contromossa altrettanto intelligente e
spiazzante. Non c’è ingenuità nelle azioni dei vertici che controllano tutte le finanze del
Vaticano. Altrimenti perché nascondere carte e mascherarsi dietro silenzi
incomprensibili?
Quei porporati che sono stati descritti come cattivi amministratori più per
inesperienza in materia finanziaria e manageriale che per volontaria malagestio – come
aveva fatto notare alla riunione del 3 luglio 2013 il cardinale Agostino Vallini,
chiedendo maggiore indulgenza da parte del santo padre verso i suoi
colleghi – sembrano dei funzionari lucidissimi nel momento in cui devono aggirare chi
è stato nominato per controllarli. Risultato: sono passati più di sei mesi dalla nascita
della commissione e al papa manca una visione completa e precisa dello stato di salute
finanziaria del Vaticano. Non può sapere con precisione quali fondi può destinare
davvero alla carità, alle missioni, a tutte quelle azioni per i poveri e i bisognosi che
rappresentano il cuore del suo pontificato. Sembra un paradosso ma è così: in una
teocrazia come il Vaticano, al papa mancano le informazioni.
Il pontefice è spesso l’ultimo a sapere e a essere informato. Soprattutto sulle questioni
che riguardano il denaro. Per lui rimangono difficili da conoscere sia le entrate (quanto
e perché si è incassato), sia le uscite (quanto, come e da chi viene speso). Così, l’opera
di cambiamento che Francesco promuove ogni giorno da instancabile pastore qual è, e
che riempie di speranza tutti i cattolici che lo ascoltano e lo vedono in azione in tutto il
mondo, nei fatti è impossibile anche solo avviarla. Tutto è anestetizzato, fermo. La
coltre di fumo non è ovviamente casuale. Protegge superficialità, inerzie, interessi
personali. Ma non solo. È anche l’unico modo efficace per rallentare il cambiamento.
Senza conoscere nel dettaglio i conti, non si possono individuare i problemi, le
criticità, e quindi proporre soluzioni. Impostare le riforme è impensabile.