Page 53 - 101 storie di gatti
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Ma se queste sono Dina e Alice nel libro, la nostra storia vuole andare anche alla
          scoperta del rapporto dell’autore Lewis Carroll – nome d’arte di Charles Lutwidge
          Dodgson – con i suoi amici felini. Di lui sappiamo tante cose: della rigida
          educazione ricevuta dal padre; del felice rapporto con i dieci fratelli per i quali
          inventava fiabe e racconti; della sua balbuzie, dovuta proprio al duro collegio e al
          difficile rapporto con il padre. E con i gatti come se la passava? Per certo sappiamo

          che per il suo Stregatto Lewis Carroll si è ispirato all’immagine di un gatto, il Gatto
          del Cheshire, che stava su una vecchia insegna di una locanda della sua cittadina: un
          animale strano e conturbante che veniva da molto lontano. Grazie ad alcune biografie
          sappiamo inoltre che lo scrittore aveva una certa familiarità con i felini. In famiglia
          aveva due tigrati: Willikens che apparteneva al fratello Henry, e Dina, nome che ha
          poi dato alla gattina bianca della protagonista del suo libro, che apparteneva alla
          sorella Ina e che divenne la sua preferita. Più tardi, nella famiglia Lewis-Dogson, ne

          arrivarono anche altri tre. In una lettera alla sua amica Amy lo scrittore parla di:

          Tre gatti che dalla notte del loro arrivo non mi hanno mai lasciato. E sono così gentili, così premurosi! Per esempio,
          quando sono andato a fare una passeggiata l’altro giorno loro hanno preso tutti, proprio tutti i libri dalla mia
          biblioteca e li hanno aperti sul pavimento, tutti alla pagina 50, pronti da leggere… Tuttavia fu un’iniziativa maldestra,
          perché hanno preso la bottiglia della colla e hanno tentato (credendo di farmi piacere) di incollare delle figure sul
          soffitto, e così hanno fatto cadere accidentalmente un bel po’ di colla sui libri. Così quando li ho chiusi e messi sullo
          scaffale le pagine si sono incollate, e non potrò mai più leggere nessuna delle cinquanta pagine!

              Una gatta “favorita”, un gatto sornione e tre gatti dispettosi. Se si prendono in
          considerazione tutti questi elementi, la conclusione è facile: Carroll, i gatti, un po’ li

          amava e un po’ non li sopportava. Anzi, il secondo sentimento prevaleva spesso sul
          primo, tanto che nel suo volume I 101 gatti che hanno cambiato la storia (Sperling
          e Kupfer 2008) l’autore, Sam Stall, ritiene che Lewis Carroll attribuisca un
          atteggiamento sadico sia alla bambina che al gatto. Perché nel libro «ogni volta che
          si parla di Dina il contesto è di spensierata crudeltà». «Per esempio», scrive Sam
          Stall «all’inizio delle sue avventure, Alice spiega come il suo gatto sia di una tale
          “bravura ad acchiappare i sorci” dimenticando in apparenza che sta parlando con un

          topo parlante». E più tardi compie lo stesso passo falso chiacchierando con un
          gruppo di pennuti e magnificando le doti di Dina nel mangiare gli uccelli. «Non c’è
          da stupirsi che Alice abbia incontrato così tanti problemi nel paese delle
          meraviglie…», termina Sam Stall. In realtà si potrebbe anche concludere che per
          Lewis Carrol tutti i felini siano un po’ come il Gatto del Cheshire, sornioni ed
          enigmatici.
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