Page 318 - La cucina del riso
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Basilicata




                 dell’alimentazione e il tipo di farina usato varia a seconda del grado di agia-
                 tezza. Assieme al pane, costituiscono cibo quasi quotidiano i legumi, mentre
                 la carne fa la sua comparsa molto di rado. Tuttavia, stando alle testimonian-
                 ze  dell’Inchiesta  Faina-Nitti  (1907-1910),  l’alimentazione  del  contadino
                 lucano appare più varia rispetto allo standard ottocentesco dell’Inchiesta
                 Jacini, ma con caratteristiche pur sempre vegetali e insufficiente alle esi-
                 genze fisiologiche di un lavoratore della terra. In essa, però, si afferma che
                 “In quel di Nova Siri [in provincia di Matera], finalmente, prevalgono i
                 farinacei che si condiscono più o meno bene, a seconda della classe dei
                 contadini. Nelle epoche di lavoro mangiano verdure, paste, riso, salumi,
                 carne, formaggio. È molto difficile calcolare il costo dell’alimentazione fat-
                 ta com’è per 4/5 o anche per 9/10 con derrate prodotte dal contadino stesso.
                 Quanto alle variazioni avvenute - si legge ancora nella relazione Nitti - negli
                 ultimi 25 anni, è indubitato che si è avuto un miglioramento sensibile, per
                 quanto l’alimentazione possa lasciare ancora a desiderare, specie se si tiene
                 presente la malaria grave che infesta tutto il territorio”.
                     Una storia assente, quindi, quella della risicoltura in Basilicata? Non
                 proprio, stando alla testimonianza di François Lenormant, nel suo reportage
                 di viaggio, À travers l’Apulie et la Lucanie (Parigi, 1883), che afferma: “Le
                 piene che riempiono i fondovalle potrebbero essere di una fecondità inau-
                 dita; purtroppo i corsi d’acqua sono torrenti che, non essendo sottoposti ad
                 alcuna opera di contenimento, cambiano continuamente corso, diramandosi
                 capricciosamente sulla maggior parte del terreno e lasciando alle coltiva-
                 zioni solo uno spazio molto esiguo. Ogni anno vi si risemina grano, senza
                 riposo e senza concimazione e nonostante ciò il grano prodotto è ancora
                 in quantità soddisfacente. La cultura del riso, invece, è stata tentata con
                 straordinario successo e a più riprese, su questi terreni paludosi e sommersi,
                 ma poi si è dovuto rinunciare perché il rischio era troppo elevato, la riuscita
                 del raccolto troppo discontinua e le piene improvvise, causate dalle piogge
                 d’estate, distruggevano in poche ore il frutto di un duro e lungo lavoro,
                 stravolgendo e sommergendo il terreno coltivato”.
                     Un’assenza,  comunque,  che  non  ha  impedito,  come  in  molte  altre
                 regioni prive di risaie, di associare il riso ad alcuni prodotti locali, come la
                 piccola e tondeggiante melanzana rossa di Rotonda (nel Parco del Pollino).



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