Page 60 - Vita di Lionardo Vigo
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          lungamente  m  un  profondo  s i lenzio  col  pallore,  col  rossore,  co
         guardi:  essa  fu  sempre  l'Unica,  ci  raccostammo  più volte,  e  ogni
         volta era  in  noi  la  p u rità  e  il  foco  di  cui  fummo  compresi  invo­
          lontariamente e  per  arcana  potenza  il  primo  giorno  nel  quale  in­
          fanti  ci  conoscemmo.
            In  quel  memorabile anno,  e  proprio  ne'  primi  di agosto,  ascesi
          l'Etna  col  dott.  Carlo  Presi  di  Praga,  il  quale venne a  trovarmi  a
          Ballo,  e  corsi  la  via  di  Monte  Nero;  non  descrivo  quella  salica
          per essere cognito  il  monte,  e  perché  n u lla m'intervenne di  singo­
          lare;  ma  quella  vista  mi  arricchì  la  mente  delle  i m  magin i   di  cui
          ridondano  i  miei  libri.
            Così  fu per me chiuso quell'an n o ,   ma nel s u sseguente.  che quasi
          tutto  consu m  ai  in  patria,  l'ottimo  padre  mio  volle  ch' io  stu­
          diassi  la  fisica  con  N  i ccolò  Calì  del  quale  ho  l u ngamen t e  par­
          lato,  ma  sempre  poco,  nella  terza parte della  mia  storia  munici­
          pale.  Dettai. allora  varie  poesie,  delle quali  é  stampato  i l   Sonetto
          "Salve,  aspettato  Eroe"  per  Giovannangelo  da  Cuneo.  che  fu  poi
         confessore  del  nostro  re  Ferdinando  I I I   di  S i cilia,  IV  di  Napoli
         e  I  de'  due  regni  unificaci  in  cana;  e  i n   tutto  quell'an n o  e  ne'  se­
          guenti  non diedi  pace al Ragonisi,  pubblicando  io  una  poesia  nel­
          l'istesso  metro  e  sull'istesso  argomento  appena  ne  dettava  una
         quel venerabile vecchio; ora io mi condanno. ma allora volea con­
         vincere  l ' u n iversale  star  io  sopra  rurci,  e  cessi  da  q u est'i n solente
          parallelo,  quando  colsi  la  facile  palma.
            E  giusto  q u ando  scoppiò  il terremoro  del  20  f e bbraio  1 8 1 8   al­
         l'ora  una della notte.  io scrivea quel sonetto al  G  i annangelo  nella
         camera  verde  del  nostro  palagio  alla  Tri n i t à.  In  casa,  anzi  i n
         città,  non era  della  famiglia che i o ,   mia  nonna e  l a   zia Giuseppa:
         tentai  aprire  la  porta,' e  per  q u anto  lo  tentassi ,   sempre  p i ù   si  ri­
         chiudeva;  la dolce nonna  mia,  appoggiata ad una cameriera,  si av­
         viava. p er  le  scale  chiamandomi a  nome e  ancor  m  i   suona  nell'o­
          recchio e  più nel cuore la sua voce  - N a rdu, N a rdu- ardente  e  pas-
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