Page 7 - Poemi conviviali
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Il giovinetto, pieno di grazia e di gloria, si rivolgeva ogni momento
                           dalla sua via fiorita e luminosa, per trarre dall'ombra e dal deserto e
                           dal silenzio e, sì, dalla sua tristezza, il fratello maggiore e minore. Io
                           nella irrequietezza della vita, ho potuto talvolta dimenticare quel gesto
                           gentile del fanciullo prodigioso; ma ci sono tornato su, sempre, ammi-
                           rando e amando. Ci torno su, ora, più che mai grato, ora che raccolgo e
                           a te, o Adolfo, re del CONVITO, consacro questi poemi, dei quali i primi
                           comparvero nel CONVITO e piacquero a lui. Piaceranno agli altri? Gio-
                           va sperare. O avranno la sorte d'un altro mio scritto conviviale, della
                           Minerva Oscura, che poi generò altri due volumi, Sotto il Velame e La
                           Mirabile Visione, e ancora una Prolusione al Paradiso, e altri ancora ne
                           creerà? Non mi dorrebbe troppo se questi Poemi avessero la sorte di
                           quei volumi. Essi furono derisi e depressi, oltraggiati e calunniati, ma
                           vivranno. Io morrò; quelli no. Così credo, così so: la mia tomba non sa-
                           rà silenziosa. Il Genio di nostra gente Dante, la additerà ai suoi figli.
                              Prima di quel giorno, che verrà tanto prima per me, che per te, e per
                           Gabriele, non vorremo finire il CONVITO, facendo l'ultimo de dodici li-
                           bri? Narreremo in esso ciò che sperammo e ciò che sognammo, e ciò
                           che seminammo e ciò che mietemmo, e ciò che lasciamo e ciò che ab-
                           bandoniamo. O Adolfo, tu sarai (non parlo di Gabriele, ché egli s'è bea-
                           to) più lieto o men triste di me! Sai perché? Il perché è in questo tuo li-
                           bro. Leggi «I VECCHI DI CEO». Tutti e due lasciano la vita assai se-
                           reni: ma uno più, l'altro meno. Questi non ha in casa, come messe della
                           sua vita, se non qualche corona istmia o nemea, d'appio secco e d'appio
                           verde (oh! secco ormai anche questo!). L'altro, e ha di codeste ghirlan-
                           de, e ha figli dei figli. Tu sei quest'ultimo, o Adolfo; tu sei Panthide che
                           ebbe il dono dalle Chariti!

                              Pisa, 30 giugno del 1904.

                                                                              GIOVANNI PASCOLI





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