Page 5 - Poemi conviviali
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cresca la sete e l'odio. E infinitamente peggio: si uccidono tra loro, i si-
tibondi, perché non beva nessuno. Oh! bevete un po' per uno, stolidi, e
poi fate di riempire la buona anfora per quelli che verranno!
Per questo, che io dico che la poca gioia che può aver l'uomo è nel
poco, io sono, caro Adolfo, sincero. Mi fu dato di provare il pregio del
poco, sì per essermi stato da altri rubato tutto, sì per avere io ricupera-
to, di quel poco, un pocolino. «Il pregio del poco» ho detto... Ma in ve-
rità che cosa si può pretender di più poco, che d'essere lasciato, fin che
piaccia alla natura, con chi vi ha messo al mondo? Basta: parliamo
d'altro. Dunque del poco che mi fu sottratto, ho poi ricuperato un po-
chino. E ne mostro, come è giusto, un pochino di gioia. Sono dunque
sincero, quando parlo della delizia che c'è, a vivere in una casa pulita,
sebben povera, ad assidersi avanti una tovaglia di bucato, sebben gros-
sa, a coltivare qualche fiore, a sentir cantare gli uccelli... Ma questa
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sincerità si chiama, dai malati di storia letteraria, Arcadia . Io sono
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In un mio libro, non troppo fortunato, che s'intitola Miei Pensieri di varia Umanità
(Messina, Muglia, 1903), parlo, nel Fanciullino, di questa malattia che non è, a dir ve-
ro, di letteratura, come era stampato nella I ed. dei P. C., ma di storia letteraria, come
ho corretto in questa II. «(La Poesia) la dividiamo per secoli e scuole, la chiamiamo
arcadica, romantica, classica, veristica, naturalistica, e via dicendo. Affermiamo che
progredisce, che decade, che nasce, che muore, che risorge, che rimuore. In verità la
poesia è tal meraviglia, che se voi fate una vera poesia, ella sarà della stessa qualità
che una vera poesia di quattromila anni sono. Come mai? Così: l'uomo impara a parla-
re tanto diverso o tanto meglio, di anno in anno, di secolo in secolo, di millennio in
millennio; ma comincia con far gli stessi vagiti e guaiti in tutti i tempi e luoghi. La so-
stanza psichica è uguale nei fanciulli di tutti i popoli. Un fanciullo è fanciullo allo stes-
so modo da per tutto. E quindi, né c'è poesia arcadica, romantica, classica, né poesia
italiana, greca, sanscrita; ma poesia soltanto, soltanto poesia, e... non poesia. Sì: c'è la
contraffazione, la sofisticazione, l'imitazione della poesia, e codesta ha tanti nomi. Ci
sono persone che fanno il verso agli uccelli; e al fischio sembrano uccelli; e non sono
uccelli, sì uccellatori. Ora io non so dire quanta vanità sia la storia di codesti ozi...»
E più oltre: «(Noi in Italia) ragioniamo e distinguiamo troppo. Quella scuola era mi-
gliore, questa peggiore. A quella bisogna tornare, a questa rinunziare. No: le scuole di
poesia sono tutte peggio, e a nessuna bisogna addirsi. Non c'è poesia che la poesia.
Quando poi gl'intendenti, perché uno fa, ad esempio, una vera poesia su un gregge di
pecore, pronunziano che quel vero poeta è un arcade: e perché un altro, in una vera
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