Page 157 - Poemi conviviali
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e gracidare. Erano cigni a schiera
                                            sul patrio fiume... No: su l'Esquilino
                                            erano corvi in una nube nera...

                                            Ei tesseva e stesseva il suo destino:
                                            vedea sua madre; poi sentia la voce
                                            del banditore: apriva al suo bambino

                                            le braccia, e le sentia fitte alla croce.



                                                            III


                                            Roma dormiva. Uno vegliava, un Geta
                                            gladïatore. Egli era nuovo, appena
                                            giunto: il suo piede, bianco era di creta.

                                            L'avean, col raffio, tratto dall'arena
                                            del circo; e nello spolïario immondo
                                            alcun nel collo gli aprì poi la vena,

                                            Rantolava; il silenzio era profondo:
                                            il cader lento d'una goccia rossa
                                            solo restava del fragor del mondo.

                                            Ma d'uomini gremita era la fossa
                                            in cui giaceva. All'occhio suo, tra un velo,
                                            parea scoprirne e ricoprirne l'ossa.

                                            Ed era solo, e l'uomo che col gelo
                                            lo pungea di sua cute, più lontano
                                            gli era del più lontano astro del cielo;




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