Page 77 - Odi e Inni
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Un suono s’alza qua e là di limbi
queruli nell’estrema ombra incaccessa:
sono i gabbiani; dicono. O colimbi
forse? o la skua? Forse la skua. Quand’essa
svola sui ghiacci, esce da mille nidi
un pianto acuto; ché, con lei, s’appressa
la morte. O vani, muti, intimi gridi
tuoi, del tuo cuore...? Udiva anche il gabbiere,
e nell’orecchio del gabbier tu fidi.
Sì: ma fu certo rombo di scogliere,
crollo di rupi, urlo di vento, affanno
d’ancor lontane, pure in via, bufere,
il mare, il cielo, o navichier normanno:
II
non era Andrée. Centauro alla cui corsa
la nube è fango e il vano vento è suolo,
volava Andrée, di là della Grande Orsa.
E l’alche prima videro il suo volo;
poi più nessuno; sì che al fin non c’era
che il suo gran cuore che battea sul polo.
Però ch’ei giunse al lembo della sera,
e su l’immoto culmine polare
stette, come su rupe aquila nera.
Ardea la stella pendula del mare,
lampada eterna, sopra la sua testa,
e pareva nell’alta ombra oscillare.
Vide in suo cuore fissi egli, da questa
onda e da quella d’ogni mar selvaggio,
di tra la calma, di tra la tempesta,
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