Page 84 - Lo strano caso del Dr.Jekyll e Mr.Hyde
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con lui alcuni fenomeni della coscienza e che era suo coerede
            nella morte; e a parte tali comunanze di vincoli, che già di per
            sé costituivano la parte più dolorosa della sua sventura, egli
            pensava a Hyde, malgrado tutta la sua energia vitale, come a
            qualcosa non solo d'infernale ma altresì d'inorganico.
            Era   questa   la   cosa   sconcertante:   che   la   melma   dell'abisso
            sembrasse   proferire   grida   e   voci;   che   la   polvere   amorfa
            gesticolasse e peccasse; che quello che era morto e senza forma
            usurpasse   le   funzioni   della   vita.   E   questo   ancora:   che
            quell'orrore in rivolta fosse unito a lui più intimamente di una
            sposa, più intimamente di un occhio: chiuso nella gabbia della
            sua carne, dove lo sentiva brontolare e lo sentiva lottare per
            venire   alla   luce;   e   che   a   ogni   attimo   di   debolezza,   e   nel
            consegnarsi al sonno, prendesse il sopravvento e lo spodestasse
            della vita. L'odio di Hyde era di natura diversa. Il terrore della
            forca  lo induceva continuamente  a commettere un suicidio
            temporaneo e a regredire alla posizione subordinata di parte
            anziché di persona; ma egli detestava tale necessità, detestava
            l'abbattimento nel quale Jekyll era adesso caduto e si risentiva
            dell'ostilità   con   la   quale   veniva   guardato.   Di   qui   i   tiri
            scimmieschi che mi giocava, come scarabocchiare bestemmie
            con la mia calligrafia sulle pagine dei miei libri, bruciare lettere
            o distruggere il ritratto di mio padre; e in verità, non fosse stato
            per la sua paura della morte, si sarebbe già da tempo rovinato
            pur di trascinarmi nella sua rovina. Ma il suo amore per la vita
            è   stupefacente;   dirò   di   più:   io,   che   mi   sento   male   e
            rabbrividisco se solo penso a lui, quando ricordo l'abiezione e
            la passione di quel suo attaccamento, e sapendo quanto egli
            tema il mio potere di sopprimerlo con il suicidio, riesce in
            fondo al cuore a farmi pena.
            E' vano, e me ne manca assolutamente il tempo, prolungare
            questa descrizione; basti dire che nessuno ha mai sofferto simili
            tormenti; e tuttavia anche a essi l'abitudine arrecava - no, non
            un alleviamento - ma un certo incallimento dell'anima, una
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