Page 141 - Oriana Fallaci - Solo io posso scrivere la mia storia
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mia esistenza: cercare lì le risposte con le quali sarebbe giusto morire. Perché fossi

          nata, perché fossi vissuta, e chi o che cosa avesse plasmato il mosaico di persone
          che da un lontano giorno d’estate costituiva il mio Io. Naturalmente sapevo bene che
          la domanda perché sono nato se l’eran già posta miliardi di esseri umani ed invano,
          che la sua risposta apparteneva all’enigma chiamato Vita, che per fingere di trovarla
          avrei dovuto ricorrere all’idea di Dio. Espediente mai capito e mai accettato. Però
          non meno bene sapevo che le altre si nascondevano nella memoria di quel passato,

          negli eventi e nelle creature che avevano accompagnato il ciclo della formazione, e
          in un ossessivo viaggio all’indietro lo dissotterravo: riesumavo i suoni e le immagini
          della mia prima adolescenza, della mia infanzia, del mio ingresso nel mondo. Una
          prima  adolescenza  di  cui  ricordavo  tutto:  la guerra,  la  paura,  la  fame,  lo  strazio,
          l’orgoglio di combattere il nemico a fianco degli adulti, e le ferite inguaribili che
          n’erano  derivate.  Un’infanzia  di  cui  ricordavo  molto:  i  silenzi,  gli  eccessi  di
          disciplina, le privazioni, le peripezie d’una famiglia indomabile e impegnata nella

          lotta  al  tiranno,  quindi  l’assenza  d’allegria  e  la  mancanza  di  spensieratezza.  Un
          ingresso  nel  mondo  del  quale  mi  sembrava  di  ricordare  ogni  dettaglio:  la  luce
          abbagliante  che  di  colpo  si  sostituiva  al  buio,  la  fatica  di  respirare  nell’aria,  la
          sorpresa di non star più sola nel mio sacco d’acqua e condivider lo spazio con una
          folla sconosciuta. Nonché la significativa avventura di venir battezzata ai piedi d’un
          affresco dove, con uno spasmo di dolore sul volto e una foglia di fico sul ventre, un

          uomo nudo e una donna nuda lasciavano un bel giardino pieno di mele: la cacciata di
          Adamo  ed  Eva  dal  Paradiso  Terrestre,  dipinta  da  Masaccio  per  la  chiesa  del
          Carmine a Firenze.    6
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