Page 312 - Oriana Fallaci - Le radici dell'odio. La mia verità sull'Islam
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tornino  a  galla.  L’allarme  che  suona,  la  mamma  che  a erra  te  e  la  tua
          sorellina,  ti  trascina  nel  rifugio  o  nel  campo  dove  crede  che  sia  meglio

          correre per non fare la morte del topo. La gente che scappa con le valigie.
          Le esplosioni che assordano. La terra che trema, la sorellina che piange:
          «Mamma!
             Mamma!».  La  casa  che  quando  rientri  dopo  il  «cessato  allarme»  trovi
          squassata e con un cratere in mezzo al giardino perché è una casa sulla

          ferrovia. La ferrovia disfatta con i vagoni rovesciati e i binari divelti. Tra
          i binari, il cadavere del tuo compagno di scuola che nel terrore è fuggito
          dalla parte sbagliata. Poi la mamma che dice: «Ma perché non avanzano,

          gli americani, perché ci bombardano e basta?». Il babbo è stato arrestato
          con i suoi compagni della Resistenza, a Villa Triste lo hanno torturato, e
          la  speranza  che  non  lo  fucilino  sta  solo  nell’avanzata  degli  americani.
          (Pochi  dicono  «alleati».  Quasi  tutti  dicono  «americani».)  Allora  lo  zio
          spiega  che  i  bombardamenti  fanno  parte  della  loro  strategia:  «Gli

          americani non vogliono perdere troppi soldati e per non perderne troppi
          devono  indebolire  i  tedeschi,  stancarli,  decimarli,  impedire  che  ricevano
          rinforzi di truppe e di cibo e di munizioni. Devono distruggergli i ponti, le

          strade,  le  ferrovie,  le  linee  e  i  mezzi  di  comunicazione,  e  pazienza  se
          facendo questo ammazzano anche noi. Non è possibile bombardare senza
          ammazzare anche noi. In Francia e in Germania succede lo stesso».
             Succedeva. Non hai mai visto, al cinematografo, le macerie di Berlino,
          di  Colonia,  di  Francoforte,  di  Amburgo?  Facevano  i  bombardamenti  a

          tappeto,  a  quel  tempo.  Non  avevano  i  laser,  le  bombe  intelligenti,  i
          computer.  E  se  per  caso  gli  avanzava  una  bomba,  anziché  rifornirsi  in
          volo con i KC 135 (che non esistevano) la buttavano dove capitava. Su

          una casa colonica, un bosco, un villaggio indifeso.
             Chi  non  la  vede  come  la  maggior  parte  degli  u ciali  del  Pentagono,
          replica  che  la  guerra  aerea  non  basta  a  vincere  le  guerre.  Le  guerre  si
          vincono occupando il suolo occupato dal nemico, e per cacciare i tedeschi
          dall’Italia, gli americani dovettero sbarcare ad Anzio. Per cacciarli dalla

          Francia, dovettero sbarcare in Normandia. Per annientarli in Germania,
          dovettero  entrare  a  Berlino,  cioè  perdere  i  soldati  che  non  volevano
          perdere. E questa è una realtà indiscutibile. Però anche se quando Bush

          ordinerà  l’attacco  terrestre  e  lo  sbarco,  il  cielo  dell’Iraq  e  del  Kuwait
          continuerà a pullulare di Phantom, di Tornado, di A10, di F15, di F16, di
          F18,  di  F111,  di  F117,  di  B52  che  sembrano  nugoli  di  locuste  pronte  a
          gettarsi  su  un  campo  di  grano  e  che  per  sganciare  le  bombe  devono
          mettersi  in   la  come  automobili  lungo  un’autostrada  intasata.  Senza

          contare gli elicotteri dell’una e dell’altra sponda, di Cobra, di Apache, di
          MI8.
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