Page 311 - Oriana Fallaci - Le radici dell'odio. La mia verità sull'Islam
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Perché? Il sergente Dan Gilson si stringe nelle spalle perplesso. In
America, durante i rifornimenti, si divertiva a chiacchierare via radio con
gli equipaggi: come-va, come-è-andata, che-ti-succede. Qui invece
l’operazione deve svolgersi in totale silenzio, il nemico potrebbe ascoltare,
e tutto ciò che puoi permetterti è un gesto interrogativo. Ma quando lo fa,
i due reagiscono con una mossa di fastidio.
Torneranno altre quattro volte, nel corso del pomeriggio, e sempre con
gli Harm Rockets attaccati alle ali. Torneranno nché il KC 135 avrà
carburante da versare nei serbatoi, e ogni volta vedremo quei razzi
attaccati alle ali. Durante l’ultimo rifornimento, che avviene verso le 5, il
capitano Ken Harrison appare furibondo: attraverso gli occhiali cerchiati
d’oro le sue pupille sputano una collera quasi disperata. Quanto al
capitano Bill Enker, appare così avvilito che non si cura nemmeno di
alzare la testa. Sembra che dica: «Non ce la faccio, accidenti, non ce la
faccio».
Perché non ce la fa? «Forse perché si tratta di radar montati su batterie
mobili e nascoste in qualche trincea o in qualche caverna» mi spiega il
tenente colonnello Je Knight mentre rientriamo alla base. «Forse perché
la Guardia repubblicana li tiene spenti o li accende un momento e basta
per non farli identi care. Sono bombe molto intelligenti, gli Harm
Rockets. Possono deviare, girare, cambiare rotta meglio di un aeroplano.
Ma se l’obiettivo non è localizzato con esattezza, non possono fare nulla.
E c’è un solo modo per localizzare un radar nascosto: captare gli impulsi
che emette quando è in funzione.
Tuttavia io penso che il motivo sia un altro. Non riescono a sganciarli,
quei razzi, perché sull’Iraq e sul Kuwait il cielo è troppo intasato dai
bombardieri. Sembrano nugoli di locuste pronte a gettarsi su un campo di
grano, per sganciare devono mettersi in la come automobili su
un’autostrada intasata. Non di rado restano con le bombe attaccate alle
ali.» Più tardi saprò che nel caso dei sei Phantom era andata proprio così.
È una guerra aerea, questa. (Settantaseimila incursioni in quattro
settimane.) Una guerra condotta dal culto che la maggior parte degli
u ciali del Pentagono hanno sempre avuto per l’Aviazione, dalla loro
certezza che le bombe degli aerei possano risolvere qualsiasi problema, e
chi se ne sorprende è molto giovane o ha la memoria corta. Non pensa
che in Vietnam gli americani facevano lo stesso, e soprattutto lo facevano
nella Seconda guerra mondiale. Chi è abbastanza vecchio da aver vissuto
(sia pure da bambino) la Seconda guerra mondiale, non si meraviglia a
vedere quei bombardieri che decollano a dozzine per volta: a centinaia e
centinaia ogni giorno e ogni notte. Ne riconosce per no il rumore e gli
basta guardarli un istante perché cattivi ricordi della sua fanciullezza