Page 309 - Oriana Fallaci - Le radici dell'odio. La mia verità sull'Islam
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A 8000 metri sulle ali della guerra
«On the spot, ci siamo» mi dice il tenente colonnello Je Knight quando
il KC 135 entra nell’area stabilita: un punto la cui latitudine e longitudine
devono restare ovviamente segrete. Si può sapere soltanto che siamo a
8.000 metri d’altezza, nel cielo dell’Arabia Saudita, e che ci troviamo
molto vicini alla frontiera con il Kuwait: tratto nel quale i KC 135 della
1703esima Air Refueling Wing si spingono di rado, perché, sebbene la
loro venga considerata una missione di combattimento, i KC 135 non sono
aerei da combattimento. Sono stratotanker, Boeing che in volo
riforniscono di carburante gli aerei da combattimento, e per difendersi
dagli eventuali attacchi iracheni non hanno che i caccia guidati
dall’Awacs che controlla la zona. Il fatto è che a questo, oggi, è stato
assegnato un compito particolare: rifornire sei Phantom che cercano di
distruggere i radar missilistici annidati nelle retrovie del Kuwait, le
batterie che né gli A10 né i Tornado né gli F15 né gli F16 né gli F18 e né
gli F111 hanno ancora distrutto.
E voleranno parecchio, quei Phantom. Consumeranno assai più
carburante di quelli che vanno a scaricare le bombe sugli obiettivi già
identificati: guai se il KC 135 non fosse molto vicino alla frontiera.
«May I go, posso andare?» domando. Col distacco del professionista
abituato alla guerra (nel 1973 era in Vietnam, nel 1983 a Grenada, nel
1989 a Panama) il tenente colonnello Je Knight fa un cenno
a ermativo. Allora lascio la cabina di pilotaggio, mi dirigo verso la coda
dell’aereo, scendo in un basso abitacolo di due metri per due dove bisogna
giacere sul ventre e mi stendo accanto al sergente Dan Gilson che supino
sul pannello di orientamento ha già alzato la paratia dell’oblò. (Più che
un oblò, una nestra rettangolare alta 50 centimetri e larga 70 attraverso
la quale si tiene il contatto visivo.) Ha già impugnato anche le manopole
per azionare, il boom, cioè il tubo da immettere nella valvola di
rifornimento che sta sul dorso dei bombardieri e, liberato dai ganci che lo
ancoravano allo stratotanker, lo strano oggetto pende come la proboscide
di un elefante sospeso nel vuoto. Una proboscide lunga circa 5 metri.
È l’una e un quarto del pomeriggio. A nord il cielo azzurro oscurato da
una parete di nubi che ci nascondono il Kuwait, sotto di noi il deserto più
inospitale del mondo si allunga in un oceano di sabbia, un mare giallo e
sterminato da cui emergono soltanto dune o ciu di lichene, e secondo
l’appuntamento i sei Phantom dovrebbero essere già qui. Invece non ci
sono e il sergente Dan Gilson mugugna: «Dammit, maledizione, dammit».
Ha quasi quarant’anni, da circa 19 fa il benzinaio volante, e sa che in