Page 50 - Canti di Castelvecchio
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33. Il fringuello cieco
Finch... finché nel cielo volai,
finch... finch'ebbi il nido sul moro,
c'era un lume, lassù, in ma' mai,
un gran lume di fuoco e d'oro,
che andava sul cielo canoro,
spariva in un tacito oblìo...
Il sole!... Ogni alba nella macchia,
ogni mattina per il brolo,
- Ci sarà? - chiedea la cornacchia;
- Non c'è più! - gemea l'assiuolo;
e cantava già l'usignolo:
- Addio, addio dio dio dio dio... -
Ma la lodola su dal grano
saliva a vedere ove fosse.
Lo vedeva lontan lontano
con le belle nuvole rosse.
E, scesa al solco donde mosse,
trillava: - C'è, c'è, lode a Dio! -
“Finch... finché non vedo, non credo”
però dicevo a quando a quando.
Il merlo fischiava - Io lo vedo -;
l'usignolo zittìa spiando.
Poi cantava gracile e blando:
- Anch'io anch'io chio chio chio chio... -
Ma il dì ch'io persi cieli e nidi,
ahimè che fu vero, e s'è spento!
Sentii gli occhi pungermi, e vidi
che s'annerava lento lento.
Ed ora perciò mi risento:
- O sol sol sol sol... sole mio? -
34. La canzone dell'ulivo
I
A' piedi del vecchio maniero
che ingombrano l'edera e il rovo;
dove abita un bruno sparviero,
non altro, di vivo;
che strilla e si leva, ed a spire
poi torna, turbato nel covo,
chi sa? dall'andare e venire
d'un vecchio balivo:
a' piedi dell'odio che, alfine,
solo è con le proprie rovine,
piantiamo l'ulivo!
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