Page 49 - Canti di Castelvecchio
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32. L'usignolo e i suoi rivali

              Egli coglieva ed ammucchiava al suolo
            secche le foglie del suo marzo primo
            (era il suo nuovo marzo), il rosignolo,
              per farsi il nido. E gorgheggiava in tanto
            tutto il gran giorno; e dolce più del timo
            e più puro dell'acqua era il suo canto.
              Cantava, quando, per le valli intorno,
            cu... cu... sentì ripetere, cu... cu...
            Ecco: al cuculo egli cedette il giorno,
            e di giorno non volle cantar più.
              Non più di giorno. Ma la notte! Appena
            la luna estiva, di tra l'alabastro
            delle rugiade, tremolò serena,
              riprese il verso; e d'ora in poi soltanto
            cantava a notte; e lucido com'astro
            e soave com'ombra era il suo canto.
              Cantava, quando, da non so che grotte,
            sentì gemere, chiù... piangere, chiù...
            All'assiuolo egli lasciò la notte,
            anche la notte; e non cantò mai più.
              Or né canta né ode: abita presso
            il brusìo d'una fonte e d'un cipresso.














































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