Page 193 - Pablo Picasso
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moscovita. E non solo della pittura.
              Indipendentemente  dall’ampiezza  e  dalla  varietà  degli  esperimenti

           dell’avanguardia  –  dalle  influenze  cézanniane  al  suprematismo  –
           nessuna  delle  correnti  di  quegli  anni  restò  immune  all’effetto
           profondamente  chiarificatore  e  purificante  delle  opere  di  Picasso,

           appartenenti a diversi periodi, presenti nella collezione Shchukin.
              E,  infine,  l’esempio  stesso  di  Picasso  quale  eroico  creatore-

           innovatore stimolò l’anti-conformismo di artisti radicali, rivoluzionò la
           loro  coscienza  estetica  e  li  contagiò  con  la  sua  inestinguibile  sete  di
           azione. È comprensibile che il loro modo di vedere il giovane maestro

           parigino  differisse  profondamente  da  quello  dei  suoi  più  anziani
           contemporanei,  che  erano  uomini  di  lettere.  Alexej  Grishchenko,  per

           esempio, in quanto pittore e fautore della “forma pura”, si distinse con
           veemenza da Berdiaev e da Andrej Belij in una pubblicazione dedicata

           a Picasso: «La menzione di Picasso dopo Ciurlionis, il riconoscimento
           simultaneo del genio di entrambi, è l’ennesima, corposa dimostrazione

           del  fatto  che  Berdiaev  non  capisce  assolutamente  nulla»,  scrive.
           «Ciurlionis  e  Picasso  sono  fenomeni  diametralmente  opposti  e
           reciprocamente escludentisi [...].

              Le parole di questo famoso filosofo russo non fanno forse pensare a
           chi, non comprendendo un fenomeno, posto di fronte a esso cominci a

           tremare e lo qualifichi come soprannaturale?».[125] Per Grishchenko,
           «Picasso non è un fenomeno soprannaturale, bensì un ottimo pittore,

           autore di svariati dipinti degni di nota che corrispondono pienamente al
           nostro  modo  di  intendere  la  pittura;  e  questo  è  il  primo  aspetto;  in

           secondo luogo, la sua pittura è il frutto naturale della crescita organica
           della forma e dell’evoluzione della coscienza dell’artista. Le sue opere
           migliori, come quelle di Cézanne, assurgono a classici».[126]

              E fa riferimento a un Violino, forse quello che Olga Rozanova stava a
           quell’epoca copiando e che è ora esposto al Museo Pushkin di Mosca.

           In  questo  Violino  «la  nuova  concezione  del  dipinto  è  risolta  con
           stupefacente maestria [...] e ogni singola parte della tela è opera di un
           vero  artista».  Quanto  alle  implicazioni  dell’essere  «veri  artisti»  e  al

           significato  della  pittura  come  arte,  Alexej  Grishchenko  aveva  una
           concezione assai nobile ed elevata: «Estendendo la propria coscienza e

           insediandola  nella  realtà,  nella  forma  pittoricamente  concreta  del
           quadro, in obbedienza a una voce interiore e a una potente vocazione,

           l’artista  consegue  istintivamente,  attraverso  la  propria  opera,  una
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