Page 198 - Pablo Picasso
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generale e su quella contemporanea in particolare, quanto piuttosto la
           semplice  ammirazione  per  un  artista  che  aveva  conosciuto

           personalmente e l’attrazione istintiva che l’opera di Picasso esercitava
           su di lui.
              Da ciò derivano, a quanto sembra, la speciale perspicacia dell’autore

           di Picasso e dintorni, la sua lucidità e la sua sottigliezza, così evidenti
           nei suoi brillanti giudizi. Queste qualità sono particolarmente manifeste

           nei  commenti  relativi  all’essenza  stessa,  all’occulta  struttura  della
           personalità  creativa  dell’artista.  Ci  limitiamo  a  proporne  un  paio  di
           esempi.Sulla  concezione  metaforica  del  Picasso  cubista,  Aksionov

           scrive:  «La  mistica  degli  oggetti  di  Picasso  ha  la  stessa  radice  del
           mistero  dei  fantasmi:  una  poltrona,  un  cappotto  e  una  penzolante

           pettorina inamidata. I burloni hanno sghignazzato per l’orrore suscitato
           da questi oggetti, ma questo fenomeno è degno d’attenzione».[130]

              Questo, anzi, preannuncia i montaggi surrealisti e i gruppi scultorei
           picassiani  degli  anni  Trenta-Cinquanta.  Nella  citazione  che  segue,

           invece,  il  tema  è  l’ottica,  ossia  la  vera  natura  delle  cosiddette
           distorsioni cubiste: «Picasso fissa i suoi oggetti negli occhi, come noi
           guardiamo negli occhi la nostra amata».[131] E non fu, forse, l’artista

           stesso a darne conferma con i suoi ritratti femminili degli anni Trenta?
              Un  ultimo  esempio.  Aksionov,  lontano  da  Parigi,  non  era  a

           conoscenza dei cosiddetti “disegni di Ingres” del 1915-17, nettamente
           precedenti  l’inizio  del  cosiddetto  “classicismo”  degli  anni  Venti.

           Eppure  suggerisce,  anzi,  per  la  precisione,  predice:  «Ora,  zitto  zitto,
           questo  ritrattista  di  innumerevoli  violini,  che  guida  i  suoi  incuranti

           compagni per giungle di carta e di latta, non potrebbe improvvisamente
           volgersi  a  questi  ultimi  in  un  sincero  accesso  di  nobile  realismo?».
           [132]

              In  un  esergo  anteposto  al  suo  libro,  Aksionov  cita  le  parole  di
           Grigorij Nisskij: «Vi è chi vede Dio come un fuoco ardente, chi come

           pura  luce».  Per  Aksionov,  però,  il  fuoco  di  Picasso  non  era  quello
           infernale, bensì un fuoco creativo. «E questo fuoco», scrive Aksionov
           (trovandomi  perfettamente  d’accordo),  «è  una  forza  positiva,  che

           costituisce la base stessa dell’ordine cosmico.»
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