Page 197 - Pablo Picasso
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struttura, sbocciate dal fertile terreno del genio francese per la pittura.
           Tra questi figura Il clarinetto della collezione parigina di Uhde» (ora in

           una collezione privata francese). Si tenga presente che anche Kasimir
           Malevich apprezzava moltissimo quest’opera di Picasso.
              In conclusione, non si può ignorare il primo libro su Picasso uscito in

           Russia  e  anzi  nel  mondo,  per  essere  precisi.  È  il  1917,  l’anno  della
           rivoluzione.  La  monografia,  intitolata  Picasso  e  dintorni,  è  opera  di

           Innokentij  Aksionov,  un  poeta  membro  del  gruppo  cubo-futurista
           moscovita  chiamato  “Centrifuga”,  scritta  nel  1914,  stando  alla
           datazione fornita dall’autore stesso.[128]

              Questa  monografia  è  piuttosto  insolita,  sorta  di  saggio-collage
           consistente di note polemiche, osservazioni, pronunciamenti e pensieri

           su temi estetici e “affini”. Nel suo approccio, l’autore sembra inclinare
           verso lo spirito bohémien, sarcastico e paradossale del picassismo.

              I  centotredici  paragrafi  delle  prime  tre  parti  procedono  su  questa
           falsariga; nella quarta parte, l’autore esamina minutamente e in modo

           assai  professionale  il  versante  formale  e  tecnico  dell’abilità  artistica
           mostrata da Picasso in tutta la sua opera di quel periodo.
              Il libro traeva origine dalla sconfinata ammirazione di Aksionov per

           questo meraviglioso spagnolo (secondo, per lui, solo al Greco), mentre
           la  causa  efficiente  fu  il  desiderio  di  confutare  Berdiaev  e  gli  altri

           “mistici” russi menzionati in precedenza. È appunto per questa ragione
           che Aksionov scrive di Picasso come di un artista puro, che creava a

           partire  dallo  spirito  della  pittura,  che  «spese  tutto  il  potere  del  suo
           talento  per  soddisfare,  incarnandole,  le  esigenze  naturali  di  questo

           imperativo  a  lui  esterno,  l’imperativo  dello  spirito  della  pittura,  e  fu
           proiettato oltre i confini della pittura stessa, perché l’arte pittorica sta
           soffocando incatenata ai colori a olio, così come la musica deperisce

           nella gabbia tonale delle dodici note. Picasso è un tentativo di superare
           tecniche obsolete e di gettare le fondamenta di una pittura capace di

           utilizzare  qualsiasi  materiale».[129]  Non  c’era  niente  di  mistico  nel
           processo  creativo  di  Picasso,  secondo  Aksionov.  Questi  interpretò  il
           “periodo  rosso-marrone  del  1908”  come  una  fase  essenzialmente

           interlocutoria,  e  la  sua  sovra-rappresentazione  nella  galleria  di
           Shchukin come potenzialmente equivoca in relazione alla sua rilevanza

           per il processo nel suo insieme.
              Di  contro  alle  premonizioni  escatologiche  di  Berdiaev  su  Picasso,

           Aksionov esprime in sostanza non tanto le proprie opinioni sull’arte in
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