Page 183 - Pablo Picasso
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sbiadire.
              Pertsov, anzi, quando legge quel che lo stesso Matisse aveva detto a

           proposito  della  propria  percezione  del  mondo,  non  solo  si  rifiuta  di
           credergli,  bensì  dà  sfogo  apertamente  all’indignazione:  «Difficile
           immaginare una definizione di sé più infelice». Per quel che consta a

           Pertsov, «la sua [di Matisse] cinematografia a colori non ha copione.
           Non c’è nulla da “dire” di quei dipinti; li si può soltanto guardare».

              E questo, secondo il critico, non basta per definirsi pittori. Nei ritratti
           eseguiti  da  Matisse,  totalmente  privi  di  psicologia,  e  nelle  sue
           composizioni di figure arabescate e senza volto, Pertsov non coglie che

           una  sinossi  pittorica  della  realtà  che  risulta  condensata,  come  in
           matematica, in pochi significati “algebrici”. Il suo giudizio conclusivo

           è  il  seguente:  quest’arte  ornamentale  e  decorativa  è  un  esempio  di
           portentoso atavismo spirituale. “Congedato “Matisse, Pertsov si rivolge

           a  Picasso:  «Che  enorme  diversità  di  impressione,  di  contenuto
           spirituale,  persino,  tra  questi  due  importanti  artisti  francesi  moderni!

           [...]  Si  direbbe  che  intere  epoche  e  galassie  li  separino  [...]  Se
           l’orientale  Matisse  è  “privo  di  contenuti”,  l’occidentale  Picasso  è
           strapieno  di  “contenuto”,  vero  figlio  qual  è  della  cultura  ariana  che

           neppure si accorge di questo involontario “servigio reso allo spirito”».
           [114]

              Arte come servigio reso allo spirito, arte dotata di contenuto, che è
           intuizione  filosofica  del  mondo,  risposta  estetica  a  questioni

           metafisiche:  queste  sono  le  posizioni  interpretative  pertsoviane  su
           Picasso,  e  a  questo  riguardo  il  critico  russo,  con  la  sua  sensibilità

           simbolista, ha molto da dire. Va detto che l’idea di un Picasso quale
           mistico  malgré  soi,  le  cui  opere  rivelerebbero  più  di  quanto  il  loro
           stesso creatore avesse immaginato, era tipica non solo di Pertsov, bensì

           di tutto un gruppo di personalità della cultura russa che hanno lasciato
           documentazione delle loro posizioni su Picasso a beneficio dei posteri.

              Alcuni, come Pertsov, avevano rapporti con la corrente letteraria del
           simbolismo; tra questi Georgy Chulkov. Altri, tra cui Sergej Bulgakov
           e Nicolaj Berdiaev, erano invece rappresentativi delle idee mistiche e

           teosofiche  diffuse  nel  primo  decennio  del  XX  secolo.  Il  solo  Yakov
           Tugendhold  era  critico  d’arte  di  professione,  ma  con  una  spiccata

           inclinazione per le generalizzazioni culturali e filosofiche. Immersi nei
           loro dolorosi problemi spirituali, avvinti da timori escatologici, costoro

           entrarono  nella  “cella  di  Picasso”  alla  vigilia  della  Prima  guerra
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