Page 154 - Pablo Picasso
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nell’inverno  1909-10.  A  quell’epoca,  Picasso  ha  ormai  lasciato  il
           Bateau-Lavoir  per  un  confortevole  appartamento  con  studio  in

           boulevard de Clichy, ai piedi di Montmartre. La grande finestra dello
           studio, rivolta a nord, fa entrare la luce argentea così amata da Corot e
           Cézanne; ciò spiega, in parte, l’inattesa enfasi posta sui valori cromatici

           che appare chiara nel dipinto dell’Ermitage. Le stesse tonalità servono
           a insufflare la vita nel nudo seduto, trattato in maniera completamente

           anti-tradizionale: come un cristallo di carne dall’aspetto femmineo che
           in un primo istante ci sbalordisce per le sue “deformità”. Picasso ora
           dipinge stando molto vicino alla tela, senza mai arretrare per valutarne

           l’effetto  generale,  che  non  gli  interessava.  La  sua  opera  è  più
           psicologica che decorativa.

              Come  avrebbe  acutamente  notato  il  critico  russo  Innokentij
           Aksionov,  «Picasso  fissa  i  suoi  oggetti  negli  occhi,  come  noi

           guardiamo in viso la nostra amata.
              Deve  voltare  la  testa  per  vedere  due  oggetti,  e  così  proietta

           l’ampiezza  della  composizione  nella  profondità».[96]  Fu  questo  che
           portò  Picasso  –  pittore  per  vocazione,  innovatore  per  natura,
           contraddittorio  per  temperamento  (Sabartés)  –  a  tali  distorsioni,

           attraverso le quali sembra voler dire: non ci sono oggetti belli, c’è solo
           l’arte  (Aksionov).  L’oggetto  dei  suoi  studi  pittorici  non  era

           superficiale.
              Così  Braque,  ripensando  a  quel  periodo,  parla  di  se  stesso  e  di

           Picasso: «Eravamo soprattutto molto concentrati».[97] A volte, Picasso
           andava a trovare l’amico nel suo studio per ritrarvi modelli dal vero,

           per  immergersi  nel  personaggio  di  un  dato  modello,  una  donna  con
           tratti,  ritmi,  proporzioni  singolari.  Poi,  ritiratosi  nell’isolamento  del
           proprio  studio,  eseguiva  ritratti  dei  propri  ricordi,  chiarificandone  i

           dettagli secondo il suo personalissimo metodo.
              Ciò spiega, per esempio, come mai osservando la Giovane donna si

           ricavi  l’impressione  di  una  figura  reale,  di  un  modello  che  è  vero
           individuo,  abitante  della  metropoli  moderna;  quanto  più  la  si  studia,
           tanto più se ne comprende l’identità, ma dal punto di vista del cubismo,

           quel quadro non era che un anello di una catena di lavori di ricerca che
           portarono a una progressiva disintegrazione del volume per mezzo dei

           valori e a una sua scomposizione in piccoli piani geometrici, ossia alla
           creazione del peculiare linguaggio esoterico del cubismo analitico.
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