Page 875 - Shakespeare - Vol. 4
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27 III, i, 2 L’oracolo di Apollo si trova a Delfi che è in terraferma. Delo è l’isola sacra ad Apollo, luogo
                 dove nacque il dio. Gli elisabettiani confusero i due luoghi nell’«isola di Delfo». La confusione è anche
                 nel Pandosto  di  Greene,  la  fonte  diretta  di  Shakespeare.  T.  Spencer  fa  notare  che  chi  cerca  di
                 scusare l’ignoranza di Shakespeare mostra a sua volta ignoranza del mondo elisabettiano e delle sue
                 convenzioni. La descrizione che Dione fa del tempio è quella di un’abbazia medievale con venerabili
                 monaci, ma poi la divinità s’esprime con voce di tuono. Il dialogo suggerisce anche come scena una
                 locanda di campagna con proclami reali e cambio di cavalli.
              28 III, ii, 35-36 Si direbbe che qui l’autore voglia ricordare al pubblico che si trova in teatro e non in
                 un’aula di tribunale. Ermione dice: «È solo una storia. Non cadete nell’illusione che sia reale».
              29 III, ii, 118 L’invocazione all’imperatore di Russia anticipa poeticamente the flatness of my misery del
                 v. 121. La disperazione di Ermione è paragonata alle immense pianure su cui regnava suo padre.
              30 III, ii, 188 Paolina non può sapere che Leonte ha ordinato a Camillo di avvelenare Polissene, ma per
                 l’azione drammatica non fa nessuna differenza; il pubblico non ci faceva certo caso. È un esempio
                 d’ironia drammatica all’inverso. Il pubblico sa cosa è successo e Paolina qui si comporta e parla a
                 nome del pubblico.
              31 III,  iii,  2  La  costa  della  Boemia  ha  suscitato  molte  discussioni.  In  realtà  Shakespeare  ne  sapeva
                 certo  di  più  sull’argomento  del  primo  ministro  inglese  Lord  Chamberlain,  che  nel  1938  decise
                 d’ignorare la Boemia (Cecoslovacchia) per rimandare di qualche mese la guerra contro Hitler, con la
                 scusa:  «un  litigio  in  un  paese  lontano,  per  un  popolo  di  cui  non  sappiamo  nulla».  Più  volte  nel
                 medioevo e nel primo rinascimento le corone di Boemia e d’Ungheria erano state unite, il regno di
                 Ottocaro II di Boemia s’estendeva dall’Oder all’Adriatico, quindi sotto la dinastia degli Angiò e poi nel
                 ’500 degli Jaghelloni. L’Ungheria comprendeva la Croazia che nel golfo del Quarnero aveva un pezzo
                 di  Dalmazia  che  non  appartenne  mai  a  Venezia  e  cui  fu  perciò  risparmiato,  almeno  in  parte,  il
                 disboscamento.  Questo  litorale  croato  era  particolarmente  selvaggio,  vi  soffiava  la  bora,  che
                 provocava frequenti tempeste, ed era il rifugio dei famosi pirati Uscocchi. Era sicuramente infestato
                 dagli orsi che ancora oggi in Slovenia e Montenegro possono essere pericolosi per l’uomo. Non solo,
                 perciò,  la  geografia  elisabettiana  era  corretta  nel  dare  una  costa  al  regno  di  Boemia,  ma  con
                 l’alleanza  matrimoniale  tra  Boemia  e  Sicilia  in  conclusione  alla  sua  trama,  Shakespeare  aveva
                 orecchiato una certa conoscenza delle case regnanti d’Europa poiché un ramo degli Angiò di Napoli
                 regnò in Ungheria-Boemia.
              32 III, iii, 19 Antigono crede, con il pubblico, che Ermione sia morta e sia il suo fantasma a visitarlo nel
                 sonno. Crede anche che il padre di Perdita sia Polissene. Shakespeare non si preoccupa di spiegare
                 alla fine il sogno di Antigono. Dobbiamo assumere che Ermione fosse in quel momento sospesa tra
                 la  vita  e  la  morte  prima  che  le  cure  di  Paolina  la  riportassero  definitivamente  tra  i  vivi.  Libri  sul
                 soprannaturale abbondavano nell’epoca; lo stesso Re Giacomo scriveva di streghe e altri fenomeni.

              33 III,  iii,  47  Depone  sulla  spiaggia,  accanto  alla  bambina,  le  lettere,  i  gioielli  e  l’oro  che  proveranno
                 nell’atto V l’identità di Perdita.

              34 III, iii, 56-58 È l’orso che produce il «rumore selvaggio»; la caccia è quella che l’animale dà al povero
                 Antigono. Gli orsi facevano parte degli spettacoli dell’epoca: bear baiting, aizzare i cani contro gli orsi
                 era particolarmente crudele, come il combattimento dei galli, o le corride che ancora sopravvivono in
                 Spagna.  Esistevano  anche  degli  orsi  ammaestrati.  Nella Masque  of  Oberon  di  Ben  Jonson,
                 spettacolo dato l’1 gennaio 1611, compariva un cocchio tirato da due orsi. Uno di questi può essersi
                 esibito anche nel The Winter’s Tale.
              35 III, iii, 111 changeling era l’elfo, il mutante, che le fate lasciavano in pegno al posto del bambino che
                 rubavano.  Dei  doni  delle  fate  non  si  doveva  parlare  (rigo  117)  o  la  buona  fortuna  si  sarebbe
                 tramutata in disgrazia.
              36 IV, iii, 1 e sgg. Autolico entra in scena cantando una canzone da ladri, tutt’altro che una pastorale,
                 una  canzone  piena  del  gergo  del  suo  mestiere  e  di  doppi  sensi.  Come  i  suoi  contemporanei,
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