Page 18 - Shakespeare - Vol. 4
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alcune lezioni controverse dell’in-quarto.
          Per  quanto  riguarda  la  traduzione,  va  detto  che,  per  un  testo  del  genere,
          bisogna  inevitabilmente  provvedere  a  immettere  senso  laddove  quel  senso
          risulti  confuso  ed  ellittico,  compiendo  più  che  in  altri  casi  un  lavoro

          interpretativo, inferenziale, integrativo. Quando si danno delle incongruenze o
          degli stravolgimenti, sia semantici che sintattici, sarebbe assurdo infatti, per
          un  malinteso  scrupolo  filologico,  limitarsi  a  riprodurre  in  un’altra  lingua  le
          sviste o i collassi testuali. Una qualche forma di restauro pare in questo caso

          assolutamente necessaria per tutti quei segmenti testuali che, pur sconvolti,
          possono essere ricostruiti nel loro senso o in un loro senso. Ogni intervento di
          questo tipo, tuttavia, è stato scrupolosamente segnalato e motivato, in nota.
          L’effetto  finale  del  testo  italiano  risulterà  molto  più  compiuto,  e

          complessivamente convincente, di quello del testo originale. Chi lo leggesse
          senza far riferimento all’inglese probabilmente non ricaverebbe quel senso di
          confusione e di frustrazione che l’in-quarto suscita in chiunque vi si accosti per
          la prima volta. Ma, allo stesso tempo, quella persona perderebbe l’incanto di

          alcuni  segmenti  e  di  alcune  scene  che,  come  sempre  avviene  con
          Shakespeare, nessuna traduzione è in grado di restituire.
          La  presente  traduzione  è  sostanzialmente  quella  approntata  per  la
          rappresentazione  del  dramma  allestita  nel  1986  da  Taormina  Arte  e  dal

          Teatro di Roma, con la regia di Gino Zampieri e con la partecipazione, nei
          ruoli  principali,  di  Tino  Carraro,  Giuseppe  Pambieri,  Raffaella  Azim,  Andrea
          Matteuzzi e Marika Ferri. Per quella messa in scena fu fatto un adattamento,
          dal sottoscritto e dal regista, con la eliminazione di alcuni segmenti testuali

          troppo  corrotti,  nonché  di  certe  evidenti  inverosimiglianze.  E  il  dramma
          incontrò il favore del pubblico. Come d’altronde è avvenuto varie volte, nel
          corso  di  questo  secolo,  per  gli  allestimenti  in  lingua  originale  prodotti  in
          Inghilterra  e  in  America.  Malgrado  la  sua  tormentata  vicenda  testuale,  il

          dramma  sembra  infatti  funzionare  con  piena  e  convincente  spettacolarità
          sulla scena. Desidero, infine, ringraziare Gino Zampieri per alcune soluzioni
          traduttive che emersero durante le prove del dramma a Roma e a Taormina.




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          Bibliografia per «Pericle, principe di Tiro»


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