Page 1249 - Shakespeare - Vol. 4
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Proprio con tali occhi il vezzoso Ganimede               89
               infiammò Giove, e costrinse il dio
               a rapire il divino ragazzo e porselo accanto,
               quale luminosa costellazione. Che fronte,

               di maestosa ampiezza, porta, arcuata
               come quella di Giunone grandi-occhi, ma assai più dolce,
               più liscia della spalla di Pelope!         90  Gloria ed onore,
               paionmi, da essa, come da un promontorio

               proiettato nel cielo, spandere le ali, e cantare
               a tutto il mondo sottostante gli amori e le tenzoni
               degli dei e degli eroi accanto ad essi. Palamone
               non è che il suo contrasto; semplice ombra a lui, senza colore.

               È grigio e secco, con l’occhio mesto
               come se avesse perso la madre; mite temperamento,
               non ha spirito in sé, non ha prontezza,
               neppure un’oncia dell’arditezza gaia di quell’altro.

               Eppure questi che consideriamo difetti a lui stan bene;
               Narciso era un ragazzo cupo, ma bellissimo.
               Oh, chi può trovare il bandolo nel cuore d’una donna?                   91
               Sono una sciocca; ho perso la ragione,

               non posso scegliere, e ho mentito così stupidamente
               che le donne dovrebbero picchiarmi. In ginocchio
               ti chiedo perdono; Palamone, tu solo sei,
               e tu soltanto, bello, e questi gli occhi,

               queste le lampade luminose di bellezza, che comandano
               e minacciano amore; e quale fanciulla oserebbe contrastarli?
               Che chiara pacatezza, eppure invitante,
               è nel suo bruno volto virile! O amore, questo soltanto

               sarà d’ora in poi il colore giusto. Resta lì, Arcite;
               tu sei rispetto a lui solo uno scambio, uno zingaro,                92
               il vero nobile è questo. Sono confusa,
               completamente persa; la mia serenità di vergine è sparita.

               Perché se mio fratello un minuto fa m’avesse chiesto
               quale dei due amavo, “Arcite”, avrei detto, “pazzamente”;
               se ora mia sorella, “Palamone di più”.
               State qua insieme. Vieni a chiedermi adesso, fratello...

               Ahimè, non so! Chiedi tu ora, dolce sorella;
               che ti rispondo? La fantasia è soltanto un bambinello
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