Page 1579 - Shakespeare - Vol. 3
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19 I, iii, 80 La metafora militaresca è quella dell’esercito in avanzata. Cfr. sotto, 274.

              20 I, iii, 81 sgg. Come spesso in Shakespeare chi si dichiara incompetente a parlare, fa poi sfoggio di
                 sopraffina abilità oratoria. Cfr. Antonio nel Julius Caesar.

              21 I, iii, 95 Motion: impulso naturale, moto dell’animo.
              22 I, iii, 109 Modern, come sempre in Shakespeare, ha il valore di comune, ordinario.

              23 I, iii, 143-145 Sono informazioni «esotiche» molto diffuse nell’epoca elisabettiana, anche come frutto
                 delle nuove scoperte geografiche; ma le radici di tali storie sono medievali, e si ritrovano in vari testi.

              24 I, iii, 163 Il verso è dibattuto: se her è inteso come dativo, potrebbe anche voler dire «che il cielo le
                 avesse  fatto  un  tale  uomo».  Ma  la  forma  accusativa  sembra  più  probabile  e  più  consona  alla
                 decisione mostrata da Desdemona in questi frangenti.
              25 I,  iii,  199 Sentence:  nel  senso  latino  di sententia,  ma  anche  di  sentenza  pronunciata  da  un
                 magistrato; onde la traduzione. I distici del Doge sono stantii, forzati e un po’ zoppicanti anche in
                 inglese; ha ragione Brabanzio a rifargli subito il verso.
              26 I, iii, 219 Il dolore del cuore, cioè, non si cura con le parole.
              27 I, iii, 227 Stubborn: rude, aspro; cfr. sotto (stubbornness), IV, iii, 20.

              28 I, iii, 230 The flinty and steel: di selce e acciaio. L’immagine è più concreta in inglese, con un ricorso
                 ad una forma tipicamente shakespeariana di endiadi.

              29 I, iii, 231 Thrice-driven: le cui piume sono quelle più leggere, essendo state separate per tre volte
                 (con l’aria) da quelle più pesanti.
              30 I, iii, 237-238 Molti dei termini qui usati sono in pratica sinonimi o intercambiabili.
              31 I, iii, 245 Charter: concessione, permesso accordato.
              32 I, iii, 251 Si segue qui la lezione del Q, diversa da quella del F, che pone l’accento sulla schiettezza e
                 decisione di Desdemona anche in termini di intimità coniugale (cfr. anche sotto, 257): «piacere» ha
                 qui dunque doppio significato: «volere» e «desiderio». La lezione del F è invece «the very quality».
              33 I,  iii,  256 Peace  (pace)  e war  (guerra)  sono  volutamente  in  antitesi. Moth:  sarebbe  come  dire
                 «fuco», inattivo e inutile.
              34 I, iii, 261 Lett., «abbia carta bianca».

              35 I, iii, 263-264 Passo dibattutissimo, dato il testo probabilmente corrotto, sia nel Q che nel F. Qui si è
                 inteso affects  come  sostantivo  (appetiti,  ardori),  e my  = me  (l’emendamento  più  spesso
                 proposto): l’inciso di Otello è che gli ardori incontrollati della gioventù sono in lui spenti dato il declinare
                 dei suoi anni.
              36 I,  iii,  269-270  Anche  questo  passo  è  problematico,  ma  qui  il  senso  generale  è  chiaro:  i  piaceri
                 dell’amore applicano un velo (foil) sugli strumenti dell’attività esteriore (i sensi) e interiore (la mente).
                 Dopo di che, con tipica rottura elisabettiana di livello anche lessicale, salta fuori l’elmo usato come
                 pentola...
              37 I,  iii,  274 Make  head:  immagine  militaresca,  affrontare  con  truppe,  far  breccia,  avanzare.  Cfr.
                 sopra, 80.
              38 I,  iii,  284  È  il  primo  uso  del  lessema honest(y),  che  poi  diventa  un Leit-motiv  del  discorso
                 drammatico. Cfr. sotto, 294, 398; II, i, 201; II, iii, 6, 168, 238, 258, 318, 326, 328, 344; III, i, 41;
                 III, iii, 5, 51, 104-106, 122, 133, 157, 229, 246, 262, 382, 384, 387-388, 390, 418, 440; IV,  i,
                 273; IV, ii, 12, 39, 66, 144; V, i, 31; V, ii, 73, 149, 155. L’uso di questa parola è studiato in William
                 Empson, The Structure of Complex Words (1951).
              39 I, iii, 289-290 La rima dell’ultimo distico del Doge è stata qui riportata all’interno del verso.
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