Page 803 - Shakespeare - Vol. 2
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uno Hotspur che ha un difetto di pronuncia o balbetta. Così nell’edizione
all’Old Vic del 1945 lo Hotspur di Laurence Olivier esitava sulla w, il che
creava un effetto ulteriore quando morendo egli si ferma sul punto di
pronunciare la parola supplita da Hal: worms. Altri come Michael Redgrave
(1951) hanno insistito sulla pronuncia nordica della erre.
Barnet, cui siamo in debito di queste annotazioni, loda un’edizione americana
del 1984 in abito moderno (Santa Cruz, regia di Michael Edwards). La scena
era un’imitazione del Globe Theatre, ma con un elicottero militare fracassato
nel soffitto. Hal era una sorta di punk, Falstaff un Hell’s Angel attempato
(abito di pelle, catene). Quando Hal va dal padre egli si toglie il trucco e
l’abito vistoso, sostituendolo con un kimono. Enrico IV è vestito prima in
completo borghese, poi da generale; anche Hal nelle scene di guerra è
vestito da soldato, e si è rapato. Il discorso di apertura del Re è presentato
come una conferenza stampa, e così la sua ultima battuta. Falstaff, sigaro in
bocca, fa il segno V in conclusione. Nella scena in cui Hal chiede a Falstaff la
pistola e questi gli passa la fondina con dentro una bottiglia di vino, Edwards
la sostituisce con una lattina di birra: Hal fa per buttarla contro l’amico, poi ci
ripensa e se la porta via. Più tardi si ferma a berla in scena, e scopre che
Hotspur gli sta puntando contro una pistola. Beve un altro sorso, poi getta la
lattina contro Hotspur che se la versa sulla testa e lascia cadere la pistola per
affrontare l’antagonista ad armi pari.
Il Falstaff cinematografico (1964) di Orson Welles ha per dichiarazione del
regista la morte come tema centrale, la morte della gioventù di Hal
(presentato come amante di Poins), dell’amicizia con Falstaff, della stessa
gioia. Il film è un centone di brani presi da tutti e quattro i drammi della
tetralogia e fu realizzato a stento, ma contiene interpretazioni a tratti efficaci
e felici scene di battaglia. Più allegro, anche se non privo di malinconia, il
Falstaff operistico (1893) di Verdi e Boito, basato sul canovaccio delle Merry
Wives of Windsor, con qualche opportuno inserto da Henry IV. Qualche brano
di 1 Henry IV è anche utilizzato (con modifiche) nel film di Kenneth Branagh,
Henry V (1989).
In Italia alle frequenti rappresentazioni delle Merry Wives si sono
accompagnate poche esperienze con Henry IV. Si ricorda l’edizione di Giorgio
Strehler col Piccolo Teatro di Milano (Re Enrico IV, parte prima, Verona,
Teatro Romano, estate 1951). Il regista aveva iniziato nel 1948 col Richard II,
seguito dal Richard III nel 1950. Secondo un critico in queste regie «Strehler
recupera la struttura scenica elisabettiana, affronta per la prima volta nella
sua carriera una vicenda ispirata a fatti di cronaca ben precisi, ne mostra con