Page 802 - Shakespeare - Vol. 2
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palcoscenico di tipo elisabettiano; un’altra edizione di questo tipo si ebbe a
          Stratford-upon-Avon nel 1951, per la regia di Anthony Quayle e John Kidd,
          con Quayle nel ruolo di Falstaff, Michael Redgrave come Hotspur e Richard
          Burton  come  Hal.  Quayle  insistette  sulla  piaggeria  e  la  brutalità  di  Falstaff

          (sotto l’influsso evidentemente di Tillyard e J.D. Wilson). Come nota Barnet,
          si stabiliscono così due versioni di Falstaff: il reprobo amabile e buontempone
          affezionato  a  Hal,  l’astuto  e  depravato  manipolatore  che  desidera  più  il
          potere del vino. Il primo Falstaff muore dal ridere quando Hal denuncia le sue

          menzogne in II, iv, il secondo teme invece di perdere il favore principesco, ed
          esagera  l’impresa  di  Gad’s  Hill  in  un  tentativo  disperato  di  strappare  una
          risata a Hal. Nel 1935 il primo Falstaff fu incarnato dal comico da music-hall
          George Robey, che alla prima apparizione ( I, ii) svegliava Hal e ne ascoltava i

          rimbrotti ridendo e guardando il pubblico; nell’edizione 1951 è Hal (Burton)
          che  dopo  essersi  svegliato  e  lavato  la  faccia  sveglia  con  violenza  Quayle
          gettando  uno  stivale  contro  la  porta.  Quando  Falstaff  esce  col  cadavere  di
          Hotspur  in  spalla,  Robey  sottolineava  l’aspetto  comico  della  situazione,

          Quayle  quello  sinistro.  Nella  scena  della  commedia  nella  commedia,  le
          denunce di Hal-Burton nei panni di Enrico IV erano dette non per scherzo ma
          sul  serio:  cioè  il  Principe  è  sempre  tenuto  a  distanza  dal  suo  corruttore.
          Quayle  ha  ripetuto  la  sua  interpretazione  ansiosa  del  grasso  cavaliere

          nell’edizione televisiva della BBC (1979), di cui esiste un’edizione doppiata in
          italiano: «Hal, interpretato da David Gwillim, non è divertito dall’imitazione
          che Falstaff dà del Re, e quando assume lui il ruolo del padre, pronuncia i
          suoi insulti col viso serio. A mano a mano che Hal cessa di recitare e diviene

          serio, il pubblico in scena smette di ridere, la cinepresa si sofferma sul volto
          teso di Hal e sull’espressione sofferta di Falstaff. Dopo la battuta di Hal, “Lo
          faccio, lo farò”, Falstaff apre la bocca per parlare, ma non esce alcuna parola»
          (Barnet).

          Una  versione  più  amabile  di  Falstaff  fu  presentata  da  Hugh  Griffith
          nell’edizione di Peter Hall (Stratford-upon-Avon, 1964); mentre l’edizione del
          1982  con  cui  la  Royal  Shakespeare  Company,  diretta  da  Trevor  Nunn,
          inaugurò  il  nuovo  Barbican  Theatre  di  Londra,  tornò  alla  versione

          problematica  del  personaggio  (interpretato  da  Joss  Ackland,  che  disse  di
          essere  stato  influenzato  da  Orson  Welles);  Hal  (Gerard  Murphy)  era  uno
          hippie  dai  lunghi  capelli  biondi,  poco  divertito,  ma  anche  indulgente:  dopo
          aver detto «I do, I will» egli abbracciava Falstaff.

          Dopo quello di Falstaff, il ruolo più caro agli attori è stato Hotspur. Prendendo
          spunto da un’indicazione in 2 Henry IV, II, iii, alcuni registi e attori presentano
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