Page 1175 - Shakespeare - Vol. 2
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260 V, iii, 104 Le Muse (o i poeti), cui era sacro l’Elicona. Wilson suggerisce che Pistol si è preparato uno
                 sproloquio per l’occasione fausta ed è contrariato dalle interruzioni e dai riferimenti umili di Silence. I
                 «cani da letamaio» sarebbero cantatori di ballate come quelle di Robin Hood, mentre Pistol sarebbe
                 un “Eliconio”.
            261 V,  iii,  113 Besonian  (dall’italiano bisogno)  significa  “ignorante”,  “soldato  bisognoso”.  «Un  insulto
                 deliberato contro uno che ha qualche autorità» (Wilson).
            262 V, iii, 115 Alla morte di un re scadevano gli incarichi dei giudici di pace (Wilson).
            263 V,  iv  Una  strada  di  Londra.  La  didascalia  e  il  testo  di  Q  leggono,  anziché Beadle,  Sincklo,
                 presumibilmente il nome dell’attore che faceva la parte. La didascalia di F menziona invece i Beadles
                 (al plurale) e le due donne: Enter Hostesse Quickly, Dol Teare-sheete, and Beadles .  Un beadle  è
                 «una guardia parrocchiale, che eseguiva le fustigazioni, specialmente di vagabondi e prostitute, per
                 incarico  degli  agenti  [constables]»  (Wilson).  In  Q  le  battute  di  Doll  sono  precedute  non  dal  suo
                 nome proprio ma dalla designazione Whoore (puttana). La scena, oltre a dare il tempo a Falstaff di
                 giungere  trafelato  a  Londra,  fa  capire  (come  del  resto V,  ii)  quale  sarà  la  sorte  del  mondo
                 malavitoso  di  Falstaff  sotto  il  nuovo  Re.  Le  due  donne  identificano  ripetutamente  la  guardia
                 parrocchiale dall’aspetto cadaverico con la morte.
            264 V, iv, 7 L’agente sta parlando di Doll, di cui l’Ostessa cerca vanamente di impedire l’arresto.
            265 V, iv, 14 L’Ostessa dice il contrario di ciò che intende. Doll finge una gravidanza per spaventare le
                 guardie, che non si lasciano ingannare.
            266 V, iv, 20 Le guardie vestivano di blu, come oggi.

            267 V,  iv,  25  Sono  due  proverbi  che  l’Ostessa  storpia,  dicendo  involontariamente  il  vero:  nel  nuovo
                 regime il diritto (il Primo Giudice) sopraffà la forza della malavita. In knight-errant (23) c’è un bisticcio
                 su knight e night (Wilson).

            268 V, v La scena risolutiva (ripudio di Falstaff da parte del nuovo Re, vittoria finale del Giudice nel duello
                 contro il suo oppositore iniziato in I, ii) si svolge davanti a Westminster Abbey. I giunchi o strami si
                 stendevano sui pavimenti, in questo caso all’aperto per l’occasione solenne, cfr.  1, III, i, 211. Prosa
                 e versi si alternano, con momenti solenni (culminanti in 47) e colloquiali. La rottura del nuovo Re con
                 i vecchi compagni è anche in Holinshed e nei Famous Victories (scena 9), dove però il Re si rivolge
                 direttamente  non  a  Oldcastle  ma  a  Tom  e  Ned,  anch’essi  cavalieri,  e  in  maniera  abbastanza
                 affabile. Shakespeare sottolinea invece il carattere pubblico, rituale, dell’evento.
            269 V, v, 15 Q attribuisce la battuta a Pistol, F a Shallow. Molte edizioni attribuiscono a Shallow anche le
                 due battute successive, per quanto Q e F le diano concordemente a Pistol. La descrizione degli abiti
                 indossati da Falstaff e compagni suggerisce un effetto di contrasto molto marcato che si avrà fra
                 breve  e  che  molti  registi  hanno  sfruttato:  da  una  parte  la  banda  di  straccioni,  dall’altra  il  corteo
                 regale.  Con  la  stessa  battuta  Falstaff  ci  informa  indirettamente  di  avere  ottenuto  in  prestito  da
                 Shallow le mille sterline che egli aveva chiesto invano all’altro Giudice fin da I, ii.
            270 V,  v,  29  Le  frasi  proverbiali  di  Pistol  significano:  «È  sempre  lo  stesso  [il  nostro  rapporto  col  Re],
                 poiché  senza  ciò  [la  vista  di  lui]  non  c’è  niente». Obsque  è  errore  per absque.  Q  omette all
                 nell’ultima frase, che ricorda una definizione corrente di Dio.

            271 V, v, 37 Aletto è una delle Furie (Virgilio, Eneide VII 324). Gli sbirri sono definiti mechanical perché di
                 solito avevano un mestiere (Wilson).

            272 V, v, 46 Il Re cerca di evitare l’incontro, ma Falstaff ignora l’intermediario (Wilson).
            273 V, v, 47 Ricorda le parole dello Sposo alle Vergini stolte, Matteo  XXV 12 («Verily I say unto you, I
                 know  you  not», Versione autorizzata), e quelle di Cristo a Maria alle nozze di Cana, Giovanni II  4
                 («Woman, what have I to do with thee?»). Si ricordi anche l’analogo avvio del primo monologo di
                 Hal, 1, I, ii, 185.
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