Page 10 - Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
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due  nuove  scienze,  una  sostanziale  difesa  delle  nuove  idee,  pur  senza
          alcuna  esplicita  menzione  del  sistema  copernicano.  Se  Bruno  aveva

          dovuto testimoniare con il rogo la forza delle sue geniali intuizioni, per
          Galileo  abiurare  significa  rifiutare  la  logica  dei  suoi  giudici  –  che  per

          venti  anni  si  è  ostinatamente  illuso  di  poter  persuadere  –  e  assumersi
          l’onere morale di proseguire nell’arduo compito prefissosi.

          Anche  alla  luce  di  recenti  avvenimenti,  come  la  rinuncia  del  papa  a
          inaugurare l’Anno Accademico 2007-2008 all’Università La Sapienza, è

          opportuno riflettere sulle considerazioni finali di Beltrán: «Purtroppo il
          dissenso intellettuale con le autorità della Chiesa può avere anche oggi
          conseguenze sgradevoli. Perciò dobbiamo desiderare che essa non torni

          a  detenere  quel  controllo  che  esercitò  al  tempo  di  Galileo,  e  cercare
          naturalmente di evitarlo». E tanto più in quanto tale controllo va oltre il

          campo  scientifico,  toccando  quello  legislativo  e  sociale.  A  questo
          proposito è istruttivo rileggere il discorso destinato alla Sapienza, in cui
          il  papa  rivendica  alla  Chiesa  la  supremazia  indiscussa  nell’etica;  si

          appropria  di  espressioni  fondanti  galileiane  quali  «esperienza  e
          dimostrazione»  come  prove  «della  ragionevolezza  e  del  perdurante

          significato  della  dottrina  cristiana  attraverso  i  secoli»;  attribuisce  a
          termini  come  ragione  e  scienza  inusuali  significati.  Vera  scienza  è  la

          teologia, con la sua inesauribile ricerca e «col suo messaggio rivolto alla
          ragione», mentre la ragione, se «diventa sorda al grande messaggio che

          le  viene  dalla  fede  cristiana  e  dalla  sua  sapienza,  inaridisce  come  un
          albero le cui radici non raggiungono più le acque che gli danno vita».
          Posizioni scopertamente antitetiche alla scienza galileiana.

          Infine,  dopo  aver  negato  all’uomo  la  dignità  di  pensare  in  proprio
          svincolandosi da ogni credo, la possibilità di essere lieto senza fede («chi

          vede  e  apprende  soltanto  tutto  ciò  che  avviene  nel  mondo,  finisce  per
          diventare  triste»),  di  saper  agire  con  giustizia  in  base  alle  leggi  dello

          stato e alla legge morale che è in noi, il papa getta le fondamenta per il
          diritto/dovere della Chiesa a ingerirsi nel governo della cosa pubblica. E

          conclude esortando la ragione a «mettersi alla ricerca del vero, del bene,
          di Dio» e a «scorgere le utili luci sorte lungo la storia della fede cristiana
          e a percepire così Gesù Cristo come la Luce che illumina la storia e aiuta

          a trovare la via verso il futuro».
          Con  questa  visione,  il  Dialogo  rappresenta,  al  di  là  dei  contenuti

          specifici e dei grandi meriti letterari, una lezione di metodo necessaria e
          attuale, sia per orientarci criticamente nella massa di dati, notizie e fatti



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