Page 8 - Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
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dell’Indice  quale  appendice  dell’Inquisizione,  a  esercitare  un  severo  e
          preoccupato  controllo  su  ogni  nuova  forma  di  sapere,  e  a  estendere  il

          principio di autorità «dal campo della teologia a quello della cultura in
          generale  e  a  quello  della  filosofia  e  della  scienza  in  particolare».  È

          evidente,  sottolinea  Beltrán,  che  Galileo,  nonostante  i  suoi  molteplici
          tentativi  di  persuadere  la  Chiesa  che  non  le  conveniva  assumere

          posizioni  che  presto  avrebbero  potuto  mostrarsi  errate  (monito  sempre
          valido),  «non  possedeva  le  chiavi  necessarie  per  poter  agire

          opportunamente.  Non  riuscì  mai  a  pensare  se  non  in  termini  di
          razionalità scientifica».
          Ma  dove  Beltrán  si  distingue  rispetto  a  commentatori  italiani  per  una

          maggiore incisività e libertà di critica nei confronti della Chiesa, pur in
          un  rigoroso  rispetto  della  documentazione  disponibile,  è  nella  parte

          finale del saggio, in cui descrive la cosiddetta riabilitazione di Galileo,
          voluta da papa Giovanni Paolo II, come un’operazione autoapologetica e
          di opportunità politica, per i modi in cui fu attuata e per gli sconcertanti

          risultati  cui  la  Commissione  pontificia,  all’uopo  istituita  nel  1981,
          pervenne:  orgoglio  e  arroganza  da  parte  di  Galileo,  avvedutezza

          scientifica  da  parte  dei  suoi  giudici  nel  difendere,  a  quel  tempo,  il
          geocentrismo.  Come  se  la  questione  fosse  consistita  nel  giustificare

          l’incapacità  dei  teologi  del  Seicento  di  capire  la  teoria  di  Copernico,
          anziché nel fatto stesso di aver istituito un processo per una questione di

          opinioni. La Chiesa ha, al più, ammesso l’errore nel processo, ma non ha
          ammesso l’errore del processo. Perseguitare chi la pensa diversamente,
          in nome di una verità precostituita: è questo lo sbaglio che non è stato

          ancora  riconosciuto.  E  tuttavia  all’epoca  un  tale  riconoscimento  era
          concepibile:  già  nel  1616,  Tommaso  Campanella,  benché  non

          copernicano,  aveva  scritto  dalla  prigione  una  Apologia  a  difesa  di
          Galileo, in cui sosteneva appunto il diritto dello scienziato a esprimere

          liberamente la propria visione del mondo.
          Se le opinioni di Beltrán colpiscono per la particolare franchezza con cui

          sono espresse, è indubbio che la sua insoddisfazione è oggi largamente
          condivisa tra gli studiosi, anche di matrice cattolica. In proposito si veda
          di  Annibale  Fantoli,  Il  caso  Galileo  –  Dalla  condanna  alla

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          «riabilitazione».  Una  questione  chiusa?,   in  cui  l’autore  osserva  che
          sentir parlare di «una tragica reciproca incomprensione» nei rapporti tra
          Chiesa e Galileo nel momento in cui si vuole riabilitare lo scienziato,





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